Shahmen, lancia tribale lanciata contro la malata fame di fretta e hype che fagocita tutto quello che vive in musica negli anni ’10.
Diversi fra Vecchio Continente (Amsterdam) e Nuovo (Los Angeles) hanno all’attivo finora solo un EP che, pur avendo ricevuto lodi sperticate su internet, è rimasto sostanzialmente ignorato dalla stampa. E i due ragazzi, BLESS alla voce e Sense Together autore delle basi, sembrano non aver nemmeno voluto darsi un aiuto a scalare la piramide della fama mediatica; Enter the Circle risale a ormai cinque anni fa e cinque anni bastano e avanzano per depositare su un nome tanta polvere da farlo sparire per sempre. Per fortuna non è andata così e se la prima fatica sulla breve distanza serviva a farci entrare nel cerchio, ora è All in the Circle.

Fortissima, forse ancora più che in passato, è l’influenza del Wu-Tang Clan; i beat sono cupi e avvolgenti ma secchi e duri e come nella migliore tradizione delle 36 stanze, è vasto l’uso di campionamenti vocali, intermezzi, frasi, dialoghi.
BLESS ricorda vocalmente Tyler, the Creator senza le sue ridicolaggini ed eccessi; liricamente il losangelino non fa prigionieri e sciorina versi su versi ad incastri di livello “I know my music ain’t all that’s planned, But this is all that I have, As far as blood sweat and tears I put it all in the pad, And put faith in my strength when I started to rap, Say the strongest survive but its the ones who head back, So any place on the map I’ve laid my hat, From LA to the dawn to Cape Town and back, I found my dogs and made my pacts“.
Le tematiche ruotano intorno ad una sorta di interpretazione epica della vita quotidiana ma non diventandone parodie, semmai si legge la quotidianità attraverso metafore.
A parte un paio di intermezzi strumentali non si perde tempo, le tracce hanno tutte la lunghezza giusta il che vuol dire che spesso sono sotto i tre minuti, compressi e intensi. Si osa di più (forse un po’ troppo) con Luck che rasenta quasi il genere spoken word, si resta invece molto sotto i tre minuti con Mark e Van Gogh’s Crows.

Volendo trovare dei difetti, manca una traccia o due che spicchino in maniera limpida sul resto del lotto come le locomotive dell’album. La qualità media è davvero alta sì, ma verso la fine inizia ad emergere un po’ di noia, problema originato da una varietà sonora pressoché inesistente. All in the Circle è un monolite, meraviglioso e colossale ma un monolite e chi cerca cambi di atmosfera ogni tre minuti può guardare oltre senza rimpianti.
Per chi invece è desideroso di ascoltare qualcosa di autenticamente personale e particolare, questi quarantacinque minuti di tenebre e rime color carbone sono un toccasana. Fin troppo facile fare paragoni ingenerosi con chi sa scrivere solo di puttane e soldi e macchine, il corvo degli Shahmen vola su altri orizzonti.

Got a voice with the meaning but I’m still broke, But its all about the change, about the song I wrote, From the day I started hunting with the wolves and crows

Tracce consigliate: StrayDog LoveSong, Whales