Arriva il nuovo album dei Salem e si torna a parlare di witch house. Questo è un passaggio obbligato. Del resto, il primo album del trio (oggi duo), King Night, si è imposto come uno di quei libri-manifesto di genere che riescono a prendersi completamente la scena. Quindi sì, riducendo ai minimi termini la questione, possiamo dire che dopo dieci anni sono-tornati-i-pionieri-della-witch-house. E ora come allora l’intenzione è quella di prendersi tutto, di nuovo. Ma anche qualche rischio.

Nel complesso, i tratti del genere sono rimasti sostanzialmente intatti, da quelli simbolico/estetici a quelli strettamente sonori: l’artwork rimanda ancora alla religione e poco cambia se prima c’era una croce e oggi c’è un angelo con le burning wings (come cantano in Red River). E anche musicalmente, almeno ad un primo approccio, parliamo di una struttura già collaudata. Hi-hat terzinati ovunque, distorsioni, spiriti maligni, pedaliere prese in prestito dallo shoegaze e masturbazioni compulsive con il pitch.

Ma a tutte le componenti che hanno fatto scuola in passato se ne sono aggiunte e perfezionate delle altre. Come il rap, che per l’occasione è stato supervisionato da un certo Mike Dean. Perché Fires In Heaven è anche un disco dove c’è più rap del previsto e più vario del previsto: c’è qualcosa di indefinito un po’ chopped and screwed molto tossico e ci sono deviazioni che non starebbero male in una playlist di Yung Lean. O, ancora, veri e propri deliri, anche se talvolta (vedi Crisis) ci si perde tra qualche loop di troppo e vuoti che spezzano eccessivamente il ritmo.

L’inizio, poi, è efficace ma anche cafone. L’opening track, Capulets, mischia La Danza dei Cavalieri di Prokofiev di Romeo e Giulietta a farneticazioni biascicate che sembrano uscite da una serata a base di buste e Amaro Montenegro, e si pone come apripista per il cuore dell’album, dove regna il caos. Infatti, se guardiamo al tris di brani (in ordine sparso) Fires In Heaven, Sears Tower e DieWithMe, quello che vediamo è la fotografia di Mad Max, gli incendi californiani, gli incendi australiani, i ghiacciai che collassano, le isole spazzatura e tutte quelle cose che puoi vedere su Twitter mentre fai finta che sia tutto ok. In questi momenti si sente il lavoro di Shlohmo che ha saputo dare maggiore risalto alle componenti orrorifiche dell’album in fase di mixaggio. E insomma lui (Shlohmo) ne sa qualcosa di di roba che suona come un cataclisma, ma con la differenza che nella sua musica sei già morto, mentre in quella dei Salem sei ancora abbastanza vivo per vedere quello che succede.

E poi c’è Starfall, brano tra i più dirompenti dell’intera stagione, potentissimo e cinematografico che finisce in loop per una giornata intera e tra i candidati al premio di video dell’anno. Traccia con la doppia chiave di lettura, nella quale c’è un addio tra innamorati (Nothing I could do would change/I tried to stay with you/So I leave you in the night/I don’t have anything for you) già triste di per sé, cui si aggiunge il mondo in frantumi, tra tetti scoperchiati, sirene anti-tornado e fulmini killer. Ma nell’ultimo lavoro i Salem dimostrano anche di saper superare il nichilismo che li contraddistingue e sviluppano impegno e critica sociale, anche se alla fine sono troppo scoglionati per intervenire. Vedi Red River ed il suo videoclip che se fosse un libro sarebbe senza dubbio Il Capitalismo della Sorveglianza di Shoshana Zuboff o, ancora, la closing track Not Much Of A Life che rappresenta l’unico momento dell’album in cui si respira aria pulita.

Ed ecco che ascolto dopo ascolto viene svelato il trick definitivo dell’album: la storia del singolo (che per i Salem è prevalentemente una storia di merda) si muove all’interno del mondo reale. Lo stesso mondo al collasso che osservi fuori dalla finestra. In questo senso, ne troviamo traccia nella title track che recita:

Fire in the sky
Fire fire fire
Fire flying high inside my mind

Già alla fine degli anni ’00 Salem avevano avuto la capacità di musicare le storture della società con quel King Night a metà tra una seduta spiritica ed un incubo, ma con Fires In Heaven si spingono oltre, superando le etichette di genere e raccontando nel modo più malsano possibile la fine del mondo quando ormai ci sei dentro.

Tracce consigliate: Starfall, Red River, DieWithMe