Se il punk in sé e per sé sia effettivamente morto, come lo slogan recita da quasi 40 anni, non lo so. Talora appare ben chiaro, però, che l’attitudine punk sia ben dura da mandare sotto terra. Il fatto che a dimostrarlo, in questo caso e ancora una volta, sia un album catalogabile nel macrogenere circoscrivibile al club è poi una fantastica fotografia sociale di come i tempi siano cambiati; al contempo, però, tutto ciò è l’ennesima riconferma di quanto il sentimento riot generazionale permanga immutato alla base.

Ed ecco che nella composizione del suo debut Sport, Powell (boss di Diagonal qui in uscita su XL) si mette alle macchine e ne estrapola tutto ciò che gli passa per la mente, mischiando senza ritegno alcuno synth naturalmente acidi, bassi new-wave, sbavature industrial, ritmiche serrate e sporche, portando il tutto in pista grazie a un collante techno molto marcato. Una ricetta vincente.
Ci sono le chitarre e le voci (Jonny [feat. Jonny] e Do You Rotate? [feat. Dale Cornish]), i bassi ansiogeni e coinvolgenti (Fuck You, Oscar), gli arpeggiatori (Junk) e i singoloni con tanto di slogan contro-culturali (Frankie [feat. Frankie]). Tutti i pezzi si mantengono in bilico tra la descrizione ironico-critica della società odierna e la voglia di ballare, un’asettica e robotica realizzazione concreta che tuttavia nasce da strumenti analogici e smuove l’ascoltatore nel profondo, sino a ridestarne i sentimenti più reconditi e tribali.
A questo va poi aggiunto che il tutto non suona supponente ma incredibilmente naturale, divertente e divertito ma oculato nella produzione, cazzone al punto giusto ma impegnato quanto basta (a tal proposito ricordiamo tutta la diatriba tra Oscar Powell e Steve Albini che ha preceduto la pubblicazione del lavoro).

Powell suona musica cruda e ruvida come un ceffone con la carta vetrata, mastica e risputa ogni traccia con la faccia tosta di chi non ha nulla da perdere; tutto a quattrocchi, mentre ti fa la V con indice e medio e sorride sbruffone.
Sport è un ossimoro continuo difficilmente arginabile su uno spartito e nei canoni di “ciò che è”; esso è bensì più facilmente inquadrabile e descrivibile per negazioni: non è umano, non è robotico, non è punk e non è nemmeno techno.
È un ottimo disco che fa muovere tutti sul dancefloor, Steve Albini compreso.

Tracce consigliate: Frankie [feat. Frankie]Fuck You, Oscar