Marigold è una dichiarazione d’intenti, un promemoria lasciato da Evan Stephens Hall a se stesso. È una riflessione sul cambiamento che, in un’epoca in cui il cinismo è quasi la norma, contiene una riserva di timido ottimismo che è da sempre la cifra dei Pinegrove.

Il disco arriva ben quattro anni dopo il successo di Cardinal ed è il primo album scritto e registrato dopo le accuse al frontman Hall – poi archiviate in forma privata – e dopo un anno di assenza. Skylight, uscito in sordina nel 2018, era stato scritto prima degli eventi, mentre Marigold è il diretto frutto di quella lunga pausa passata in solitudine.

È una pausa che coincide con la fine di una relazione, la perdita a cui allude il significato del fiore marigold (calendula), in cui il protagonista si trova a riaffrontare la routine quotidiana (Spiral), ad affrontare la depressione (Endless) ma con una certa risoluzione in Hairpin.

I can’t wait to go home to be there when the new world comes

Musicalmente prevalgono le atmosfere intime e spoglie dettate dalle chitarre acustiche di brani come Alcove e No Drugs, sebbene i toni rimangano leggermente più sommessi anche nei brani più corposi e più simili a Cardinal come Moment e Phase.

Ma il talento dei Pinegrove non sta tanto nella tecnica, quanto nella capacità di racchiudere storie ed esperienze spesso difficili o incomplete in un racconto semplice, che si lascia raccontare con una chiarezza e una delicatezza che sembrano innate, accompagnando il racconto solo con gli strumenti necessari per farlo parlare da sé. È un talento che riecheggia a posteriori se si pensa a quel che può essere successo due anni fa e a come Hall decide di (non) trattare l’argomento – con la sottigliezza di chi cammina in punta di piedi, nascondendosi dietro ad aneddoti, ma senza più rancori (“When you walk away you still exist, and I feel good knowing it”, dice in The Alarmist). È qui che ritorna uno dei temi ricorrenti nella discografia dei Pinegrove: in Aphasia era “One day I won’t need your love, one day I won’t define myself by the one I’m thinking of”, in Dotted Line diventa “May no fantasy hold my head up, nor may no memory fold my head in”.

Per preservarsi bisogna guardare dentro piuttosto che fuori.

Tracce consigliate: The Alarmist, Alcove