All’inizio di Manchester by the Sea, film del 2016 di Kenneth Lonergan, il protagonista Lee Chandler (interpretato da Casey Affleck) abita in solitudine a Boston, in una casa poco decorosa, sommersa dalla neve; montagne di neve che è costretto a spalare quotidianamente se vuole mettere il naso fuori dalla porta per svolgere qualche mansione da factotum del quartiere. La sua è una vita desolata a causa di un trauma irreparabile: ce ne rendiamo conto anche solo da queste prime battute, molto prima che il prosieguo del film ci spieghi dettagliatamente cos’è che ha portato Lee in una situazione simile.
Basta insomma la neve che ti sommerge, spesso, per simboleggiare l’oscuro che ti porti dentro.
Ed è proprio questa la soluzione che adotta Mike Kinsella – frontman degli American Football – in questo suo nuovo disco solista firmato Owen, alimentato non dalla neve di Boston, ma da quella del Wisconsin, luogo in cui insieme ai produttori Sean Carey (Bon Iver) e Zach Hanson ha dato vita a The Avalanche: l’immagine della valanga per riunire sotto lo stesso segno una porzione di racconto autobiografico, in cui sono centrali, intrecciate, la morte del padre e la rottura con la moglie.
The Avalanche è un diario nel quale Kinsella riduce al minimo lo scarto che c’è tra scrittura e esperienza personale; Owen diventa il progetto attraverso cui la musica idealizzata lascia il passo all’autobiografismo, rendendo le ferite la culla delle canzoni – “I bleed the most / Turn my blood into poetry“, canta Kinsella in A New Muse, il brano d’apertura, quello dove l’autore prega il signore perché possa trovare una sua nuova dimensione, purché non si ritrovi ad essere né “bored” e né “in love“. Proprio come Lee Chandler di Manchester by the Sea, sappiamo fin dalle sue prime battute che The Avalanche sarà l’album di una voce che ha spannato i vetri, che ha ricavato un quadratino nello specchio su cui può riflettersi, e riflettere dunque su sé stesso, sulla propria condizione.
In Dead for Days sentiamo aprirsi uno scrigno interiore: la morte del padre viene rievocata attraverso quel dettaglio che più di tutti ha scosso il figlio:
This is where the cop said his head hit
He’d been dead for days
Eighteen hours away
I didn’t see him
But Tim did
That part hadn’t changed
Since we were kids.
Da questo scrigno, vengono estratti dunque dettagli, ossi di seppia sputati dall’alto mare, collegati tra loro: è la morte del padre che porta Kinsella a cantare
Now I’ve got friends that don’t know me
A wife that’s disowned me
You in concept only to miss.
Da un evento traumatico, trasportati da un leggero arpeggio, si passa subito a un altro: la solitudine nata dalla rottura con la moglie. Una solitudine che porta alla depressione, all’alcoolismo e alla lotta contro questi nemici, combattuta in sostanza recitando, come canta in On with the Show (This is the role I was born to fake / It’s not a choice I made), o ammettendo le proprie colpe: “Bet on this losing horse” è il mantra che conclude Wanting and Willing; “I’m ashamed of what you know / afraid of what you don’t” è uno dei passaggi più intensi di I Go, Ego.
La musica di questo disco è vicina agli ultimi lavori sviluppati con gli American Football, ma ciò che cambia profondamente è la componente umana e la sua derivazione. Mike Kinsella ha scelto Owen come tramite per comunicare questi suoi contenuti estremamente intimi; e, in questo senso, comunicare sembra voler dire curare – o quantomeno sfogare. Anche se di sfogo vero e proprio risulta difficile parlare, visto che tutta la registrazione è connotata da una calma profonda, volatile, scorporata, tale che appare onirico anche un passaggio iper-reale come “I’m in therapy / She’s in therapy” (The Counters), che disegna al grado zero di retorica le difficoltà post-separazione. Ma la delicatezza degli arpeggi, la fluidità dei giri delle corde (si ascolti Headphoned), la voce di Kinsella sussurrante ma al tempo stesso chiara sul tappeto sonoro, fanno complessivamente di The Avalanche un album sottile, limpido, pulito – caratteristiche che possiamo collegare anche alla presenza di Sean Carey.
The Avalanche è un emo smaterializzato e lirico, fattosi adulto, che anziché gridare tra le mura soffocanti di una cameretta si espande rarefatto tra le stanze di una casa intera ormai vuota, abitata solo da un “middle-aged man”, costretto a spalare neve per andare avanti.