Quando mi è stato presentato questo Occult Delight tra le recensioni consigliate di inizio 2014 la breve descrizione che lo accompagnava recitava “Pare che il cantante canti come Ian Curtis, altro non so”. Onestamente non credo che il mondo abbia un gran bisogno di altri cloni, troppo spesso poco riusciti, della band mancuniana più riprodotta sulle t-shirt nere. Quello che non mi avevano detto è che questi Mode Moderne avranno sì un debito importante nei confronti di Ian Curtis e soci, ma non solo: rubacchiando un po’ al jangle pop, un po’ agli Smiths, un po’ ai Cure, un po’ alla new wave di nero vestita (vedi i sintetizzatori quasi goth durante il ritornello di Thieving Baby’s Breath), nasce un prodotto che non spicca per originalità, ma fatto con classe e un sacco di gusto nel suo essere un continuo omaggio agli anni ’80.

Da dicembre fino alla data di uscita dell’album il 21 gennaio, i nostri non hanno perso l’occasione di far salire costantemente l’hype del pubblico con ben quattro singoli: inaugura la passerella la sprezzante She, Untamed. Avete presenti le copertine dei singoli degli Smiths, raffiguranti foto di attori o cantanti prediletti dal Moz e virate in colori pastello? Allo stesso modo si presenta la copertina del singolo, con il volto languido della diva del muto Evelyn Nesbit in azzurro. Se la presentazione grafica saccheggia un immaginario, il brano si compone invece di un giro di chitarra e un incedere di basso e batteria da attacco epilettico sul palco. Completa il piccolo, perfetto puzzle l’altera femme fatale descritta dal testo. Menzioni d’onore anche per il secondo e il terzo singolo, Strangle the Shadows, traccia apripista dell’album, e Baby Bunny.

È su brani come Thieving Baby’s Breath che l’influenza dei Joy Division non si fa soltanto forte ma quasi totalizzante, con un cantato che, abbassandosi di tono rispetto ad altri brani, ricalca preciso quello di Ian Curtis.
Quando i toni si ammorbidiscono invece entriamo in pieno clima da Sarah Records: stupefacente ascoltando Unburden Yourself  o Baby Bunny la capacità del gruppo di saltare di colpo e trovarsi a proprio agio all’interno dell’indie pop con cori femminili e giri di chitarra degni degli Another Sunny Day. Su Unburden Yourself in particolare il frontman Phillip Intilé adatta la voce all’atmosfera e il risultato è eccelso. Baby Bunny, più moderna, meno indie e più pop invece, avrebbe tutto il potenziale per un airplay altissimo.
Qua e là affiora un po’ di stanchezza e capita un piccolo scivolone come Dirty Dream #3, che pure non brutta, fatica a dire la sua: in un album di piccole gemme la nona traccia splende meno delle altre ma non per questo è da buttare via.
Chiusura affidata alla tremolante Running Scared, per pianoforte e archi sintetizzati. E sorprendentemente è un altro cambio di stile effettuato con successo.

Un ritorno su LP ad ottimi livelli: di norma spererei che la band possa trovare una propria direzione più personale. In questo caso no, provo troppo piacere nel battere il piede a tempo ascoltando questa Delizia oscura. Il mio continuo uso di paragoni con band più o meno note del passato non vuole assolutamente sminuire la bellezza con la b maiuscola di questa opera prima: se i Mode Moderne vogliono continuare a portare il vessillo del pop oscuro anni ’80 ed essere i The Damned del nuovo millennio con acconciature sensibilmente migliori, perché no? Lo stile e il tiro non mancano di sicuro.

Recommended tracks: She, Untamed, Unburden Yourself.