The Tyburn Tree – Dark London è il prodotto della collaborazione fra l’indimenticabile ex frontman dei Soft Cell, Marc Almond, e il pregiato sassofonista britannico John Harle. Lo scopo dei due è quantomeno ambizioso: esplorare il lato più sinistro della capitale inglese del diciannovesimo secolo in un tetro viaggio musicale, non privo di momenti grandguignoleschi ed eccessivi. Londra durante il lunghissimo periodo vittoriano, esteso per quasi tre quarti di secolo, ha visto assurgere al grado di macabra celebrità il più famoso dei serial killer, Jack lo squartatore. Ma molti altri sono i personaggi, a metà tra il folklore e la cronaca nera, che animavano le pubblicazioni giornalistiche dell’epoca e l’immaginario collettivo, a metà tra l’isteria, la fantasia e la superstizione: l’altrettanto inafferrabile leggendario Spring Heeled Jack, l’orrendamente prolifica infanticida seriale Amelia Dyer, l’avvelenatrice Mary Ann Cotton, e, per citare un nome più noto, solo pochi decenni prima era stato messo a morte il barbiere di Fleet Street, Sweeney Todd. In generale il cristianissimo periodo vittoriano vide anche un risorgere di credenze popolari di derivazione pagana ispirato forse anche dal proliferare della letteratura gotica. E l’albero di Tyburn del titolo altro non è che un sarcastico nome per la forca destinata alle esecuzioni pubbliche.

In questo terreno fertile Almond & Harle vi si immergono a pieno, alternando il folk cullante della rivisitazione di My Fair Lady a momenti operistici come nell’opener e titletrack, tre minuti cupissimi squarciati solo dalla tromba squillante di Mike Lovatt, a tracce dove la presenza del sax si fa più centrale divagando in terreni vicini al John Zorn meno rumoristico.
Sembra strappata a Nick Cave Fortress che mette in campo un apparato strumentale galoppante trascinante e fa un saggio uso dei cori. Il testo di Fortress altro non è che London di William Blake, adattato alle esigenze del momento e vero e proprio anthem della Londra grondante sangue rappresentata sull’album.
A questo punto è impossibile non segnalare le citazioni letterarie: oltre a Fortress anche Jerusalem è una poesia di William Blake e Dark Angel è opera di John Dee. Almond si è avvalso anche dell’aiuto, per i concerti a Londra e Brighton, del poeta Iain Sinclair e un altro autore, Tom Pickard, è responsabile del testo di Black Widow e soprattutto della rielaborazione di London Bridge Is Falling Down (qui la già citata My Fair Lady, uno dei nomi con i quali la filastrocca è conosciuta)

Tra i momenti migliori la performance da brividi della soprano Sarah Leonard su Dark Angel e Labyrinth of Limehouse che vede invece una eccelsa interpretazione di Almond, carica di toni declamatori e autoritari fino a quando, nel finale, una chitarra dalle reminescenze settantiane sconquassa il clima fino a quel momento creato da batteria e piano. Sassofono assoluto protagonista sulla cavalcata The Vampire of Highgate, leggenda metropolitana che però non appartiene alla Londra vittoriana ma a quella degli anni 70. Segno che basta grattare la superfice per far riaffiorare le stesse paure e le stesse superstizioni?

Venendo ai “momenti no” bisogna segnalare Spring Heeled Jack, nel complesso poco incisiva, troppo movimentata e frenetica nel suo incedere, che ricrea l’atmosfera delle misteriose aggressioni di Jack il saltatore con tanto di suoni di molle qua e là e stop-n-go continui, ma che finisce per far perdere carattere alla voce sensualmente sinistra di Almond. Altrettanto poco degne di nota risultano Poor Henry, brano gotico nella norma e senza troppa personalità se non fosse per il divertente quanto macabro canto da osteria che chiude la canzone, la spokenword/ambient To the Crow the Spoils.

In definitiva Almond, Harle & co. riescono a creare un’opera più che dignitosa, varia e a tratti perfino divertente nei suoi momenti di humor nero, interessante anche dal punto di vista storico, letterario e folkloristico. A volte è quasi un piacere dondolare dall’albero di Tyburn in tale compagnia.

Traccia consigliata: Fortress