10170758_10152116824271089_888587649526038167_nLabel: Columbia
Anno: 2014

Simile a:
Suede – Bloodsports
Doves – Kingdom Of Rust
Neu! – NEU!’75 

Ventidue anni di onorata carriera e non sentirli: tutto si può imputare a quei comunisti dei Manic Street Preachers, tranne che non siano produttivi.
Nonostante non siano più ragazzini, l’entusiasmo non accenna a scemare. A distanza di qualche mese da Rewind The Film la band gallese pubblica Futurology. Pur essendo concepiti, per stessa ammissione del gruppo, nelle medesime sessioni di registrazione, i due album risultano totalmente differenti: il primo più classico, più soft, mentre il secondo più glaciale e geometrico, provando a imboccare strade mai percorse.
Futurology è infatti un album molto tedesco: la fonte di ispirazione dichiarata è quel calderone di innovazione e sperimentalismo che è stato il kraut-rock.

Chiariamo subito che non siamo di fronte ad un disco di techno d’altri tempi o di rock progressivo, ma ad un lavoro sostanzialmente pop che però ricorda, come atmosfere, come freddezza dei suoni, ambienti kraut. (PECCATO UN PO’ CI AVEVAMO SPERATO.)
Le canzoni appaiono meno immediate e non c’è una vera e propria hit che possa diventare una sorta di inno da strillare a qualche concerto. Pure i testi, nonostante siano sempre polemici e socialmente impegnati, risultano un po’ più ermetici, ma come in ogni loro disco, assumono importanza prioritaria. Immergendoci nell’ascolto, già la title-track, che funge anche da opener, ci fa capire con cosa avremo a che fare, presentando un’atmosfera spaziale e cambi ritmici costanti. Walk Me To The Bridge è sicuramente l’episodio più vicino ad un anthem, partendo a rilento e crescendo continuamente fino ad esplodere definitivamente nel glorioso ritornello, mentre in Let’s Go To War lo scenario è più serio e viene lasciato più campo alla musica che alle parole. Arriviamo poi a Europa Geht Durch Mich in cui si critica la politica europea della Germania, dal ritmo pesantemente marcato e martellante e resa ulteriormente ruvida dal cantato tedesco della cantante Nina Hoss. Abbiamo poi un’altra ospite, Georgia Ruth Williams, nella solenne ed eterea Divine Youth, mentre Sex, Power, Love and Money è la più “inglese” del lotto. È poi infine impossibile non citare gli  unici due brani totalmente strumentali Dreaming A City (Hugheskova) e Majakovski: sopratutto il primo, sembra un omaggio a band come Faust e Neu!.

Un album spigoloso e molto coraggioso, ma direi anche sostanzialmente riuscito. Non può essere che lodevole la passione che i Manic Street Preachers mettono nel far musica, che li spinge, dopo una ventennale carriera e un dodicesimo album in studio, a cercare di evolversi e rinnovarsi esplorando terreni comunque mai calcati.
Unico appunto da fare è l’eccessivo populismo che spesso mettono nei loro testi, ma comunque nel complesso una buona prova per i gallesi.

Traccia consigliata: Dreaming a City (Hugheskova), Walk Me To The Bridge.