Quando per giorni si viaggia in macchina con un comitiva, può capitare di essere nelle condizioni di aver ascoltato tutte le playlist preparate in precedenza, e pur di non ascoltare il live di Vasco Rossi che tua sorella aveva lasciato in macchina, si accende la radio. Se vi trovate in Svezia, è molto probabile che la prima canzone in svedese che vi capita di ascoltare fa schifo a prescindere. Potrebbe essere il caso di Infruset, la nuova faccia dei Mando Diao, tutta bionda e occhi azzurri, nata, cresciuta e prodotta in quel che è sempre stato il loro vero amore: la Svezia, appunto. Non che servivano dimostrazioni per accertare che stiamo pur sempre parlando di artisti superproducenti (famosissimi anche in Giappone), che più volte hanno cambiato direzione, accorgendosi dopo Give me fire! di non avere più cartucce.

Nel frattempo sono cresciuti insieme alla vena poetica di Bjorn, che ispirato dalla natura dimenticata per anni, ha composto i versi delle 10 liriche destinate all’album, per poi farlo suonare insieme al resto della band  come l’album più educato dei Mando Diao.

Tutto ciò mi rende un po’ triste, ricordandoli come i ribelli di Bring ‘em In, ai quali sarebbe piaciuto rompere chitarre piuttosto che diventare i cristiani perbenisti di Infruset. Suonato con un orchestra, tante caldarroste e fuori -30 sarebbe anche godibile, ma questa lussuosa miscela folk/nordica rispetto a Tallest Man On Earth e Jens Lekman è davvero aria fritta. Il country svedese sembra averli influenzati per la sua forte componente rock/progressive, rendendo Infruset ancora più autoctono; anche se, a parte la lingua, le cose in comune tra un ascoltatore medio e Infruset sono tendenti allo zero. Con il Natale che si avvicina i nostri hanno ben pensato di far coincidere le festività, per cui tra i connazionali potrà essere il regalo più gettonato. C’è però il rischio che rimanga una cosa per pochi, e che le ispirazioni del disco rimangano espresse nel solo Infruset, che caratterizza maggiormente il messaggio che il quartetto vuole mandare. In generale è malinconico ed esistenziale; si parla di morte, luce, speranza e amore . Tutto in una forma orchestrale e anche orecchiabile, ma per nulla sensuale, raggiungendo l’etichetta di cantilena noiosa in Strцvtеg i hembygden, o di recita di Natale in I ungdomen.

Se vi siete persi in quei freddi paesaggi, chiedete a loro, potreste trovarli ovunque.