Esordio niente male per i Man Without Country. Pop elettronico ipersintetico che ammicca allo shoegaze e ricorda la fase della centrale della carriera di M83, anche se il sound è complessivamente più raffazzonato.

Il disco è tutto in Puppets, la seconda traccia che sembrerebbe quasi un pezzo dei Delphic (similitudine perpetua in tutto il disco), se non fosse che i Delphic non hanno mai fatto un pezzo così bello. L’enormità di Puppets, che regge tutto l’album, ha un riflesso nella glacialità digitale della title track (che insieme, appunto, a Puppets apre l’album con un tiro che crea enormi aspettative, poi non troppo soddisfatte), nella potenza della finale Inflammable Heart e, parzialmente, nelle varie Ebb & Flow, Closet Addicts Anonymous e Migrating Clay Pigeons, che fanno dell’orecchiabilità delle melodie pop la loro unica arma, laddove un maggiore studio dei suoni avrebbe sicuramente giovato sia a questi brani che al livello globale del disco. Ci sono alcuni episodi dimenticabili quali King Complex, Iceberg e la tediantissima Parity, ma complessivamente l’album convince.

Per ora va bene così anche se di sicuro per il sophomore diverse cose dovranno cambiare. Putroppo per loro il disco è uscito già diversi mesi fa e non se li è cagati quasi nessuno (a parte quella volta che hanno aperto per M83), anche se con un singolone come Puppets si sarebbe potuta pronosticare una sorte migliore.