Aprile 2010: mentre il mondo sta affrontando la minaccia dell’influenza suina, Jónsi, l’insigne frontman dei Sigur Rós, approfittando del periodo di pausa a tempo indeterminato della band, pubblica Go, il suo primo album solista.

Ottobre 2020: mentre il mondo sta affrontando la minaccia del Covid-19, Jónsi, l’insigne frontman dei Sigur Rós, approfittando del periodo di pausa a tempo indeterminato della band, pubblica Shiver, il suo secondo album solista.

Tutto si può dire, tranne che il musicista scandinavo non sappia scegliere il momento storico più angoscioso per pubblicare un disco a proprio nome.

Go fu dapprima atteso con spasmodica curiosità e poi accolto da critica e pubblico con diffuso e meritato entusiasmo. Abbandonato il bagaglio post-rock riempito durante i 16 anni di attività della band islandese per antonomasia, Jónsi calcò il palcoscenico in solitaria e mise sotto i riflettori un’inedita solarità e un’indole pop che, all’interno dei Sigur Rós, altro non sarebbero potute essere se non semplici velleità artistiche. Ne risultò un disco perfettamente riuscito, soprattutto nei suoi frangenti più leggeri, che lo resero inaspettatamente appetibile per un ampio pubblico: ne è testimonianza l’utilizzo del singolo Go Do in pubblicità di prodotti della grande distribuzione come Nutella e Philadelphia. Go consentì di intravedere un ottimismo e una spensieratezza che fino ad allora erano rimasti celati dietro alla cupa malinconia dei lavori pubblicati dalla band e fu proprio il netto confine tracciato da Jónsi rispetto alla discografia dei Sigur Rós ad aver reso il suo primo LP tanto efficace. Il passo successivo? Come suggerisce la copertina di Shiver: mettersi totalmente nelle mani di qualcun altro, nello specifico di uno dei più influenti produttori dell’ultimo decennio: A.G. Cook.

Dopo aver già prodotto e masterizzato un album contenente il materiale raccolto nel corso dei 10 anni precedenti, Jónsi, non soddisfatto del risultato, ha chiesto aiuto all’eccentrico fondatore dell’etichetta PC Music e direttore creativo di Charli XCX. Insospettabile amante del Pop Y2K e uno dei primi fan illustri della scuderia PC Music, Jónsi ha intuito che l’approccio non convenzionale di Cook lo avrebbe aiutato ad ottenere l’album che desiderava; il prodotto finale è un’opera in cui la voce è inconfondibilmente quella dell’islandese, ma il contributo del producer inglese è altrettanto evidente: ogni demo è stata smembrata e ricostruita in una pletora di soluzioni che hanno reso Shiver un album espansivo, ricco, denso, caotico e frenetico in cui convivono opulenza e minimalismo, eleganza e disarmonia. A.G. Cook ha gettato ponti tra generi antitetici, ricorrendo a una palette di suoni audaci e a estremismi elettronici capaci di creare atmosfere sintetiche, artificiali e fredde che, per contrasto, amplificano la forza dell’emozionante purezza della voce di Jónsi.

Nell’approcciare Shiver, è necessaria un’attenta gestione delle aspettative: è inutile pretendere che un artista poliedrico come Jónsi proponga una fotocopia di quanto rilasciato assieme alla band ed è per questo motivo che i fan più fedeli dei Sigur Rós potrebbero ritrovarsi spiazzati ascoltando il nuovo lavoro solista del frontman. Non deve sorprendere nemmeno la scelta di presentare un disco che stride fortemente con Go: gli arrangiamenti orchestrali, quasi cinematografici, di 10 anni fa, sono oggi algidi, industrial, caratterizzati da sezioni ritmiche violente e metalliche. La voce non è più prevalentemente delicata, impalpabile, romantica, bensì ricca di effetti e più tetra, introversa. Se c’è una costante all’interno di Shiver, è la sua imprevedibilità, anche all’interno di una stessa traccia. La rapidità con cui tutto può cambiare dona all’album la capacità di attrarre e stimolare, ma anche di stupire e confondere.

Pur non essendo la canzone più memorabile del disco, la traccia di apertura funge da giusto invito all’ascolto; scritta ex novo da Jónsi e Cook, Exhale è il simbolo dell’alchimia tra i due: inizialmente una produzione intima ed essenziale, marcata dal piano e dalla voce, nel finale si dispiega in un crescendo che trasforma l’atmosfera aulica in una malinconica hit pop. Lo stesso equilibrio si trova anche in Grenade e Beautiful Boy, le due tracce che chiudono il disco con infinito splendore, comunicando una sensazione di pace e sintonia col mondo.

Con la title track Shiver viene invece introdotto il celebre e inconfondibile falsetto dell’islandese, che, da innocente e umanamente vulnerabile, viene reso alieno dagli effetti applicati da Cook, prestandosi come colonna sonora ideale per un epico film action-drama ambientato nello spazio. Il lavoro compiuto sulle voci è uno degli elementi di spicco dell’album: la capacità di modificare e sovrapporre i livelli cantati è particolarmente lampante in Hold, una traccia diretta, dall’apparente semplicità, puntellata da basso e percussioni dal suono sporco.

Shiver vanta anche la presenza di due voci femminili di prim’ordine: Elizabeth Fraser (Cocteau Twins) e Robyn. Elizabeth Fraser compare in Cannibal, una meravigliosa ballata che si apre con la sola voce di Jónsi accompagnata dalla chitarra, che si unisce poi a quella della Fraser in un duetto mozzafiato su batteria e synth anni 80. Robyn compare invece in Salt Licorice, una delle tracce più bizzarre di Shiver, che, con la sua iperattività e l’approccio kitsch, non stonerebbe all’interno dell’Eurovision Song Contest. In Salt Licorice, la voce di Jónsi, modificata tanto da diventare quasi irriconoscibile, si alterna a quella di Robyn e risulta quasi indistinguibile da quella dell’icona pop svedese durante il ritornello.

In Shiver non sempre l’incontro tra il genio creativo di Jónsi e quello di A.G. Cook risulta impeccabile ed è nello specifico l’incapacità dei due di trovare il giusto equilibrio a creare stonature: in Swill e Wildeye è il produttore inglese a calcare eccessivamente la mano con scelte eccessivamente sperimentali e pesanti che finiscono per togliere spazio alla morbidezza della voce di Jónsi. Wildeye, nella sua schizofrenia, potrebbe essere una delle migliori tracce del disco, ma l’approccio massimalista di Cook, soprattutto nella prima parte e in chiusura, risulta troppo frenetico, risultando quasi fastidioso. In Sumarið sem aldrei’ kom è invece Jónsi a dominare il braccio di ferro, cantando in islandese e adottando soluzioni armoniche che, seppur inconfutabilmente splendide, hanno già caratterizzato la discografia dei suoi Sigur Ros; l’apporto di Cook, nella rielaborazione digitale della voce e l’accompagnamento della strumentazione elettronica è quasi impercettibile e il pezzo non porta quindi alcun elemento d’innovazione al lavoro solista dell’islandese. Altra nota dolente si trova nelle liriche: la scelta di cantare quasi esclusivamente in inglese mette in mostra i limiti di Jónsi, che frequentemente ricorre a passaggi astratti e a ripetizioni.

Shiver, con le sue melodie rassicuranti che lasciano improvvisamente spazio alla trasposizione musicale dell’apocalisse, è un viaggio adrenalinico su un ottovolante che mantiene quasi sempre il contatto con le rotaie; è un album sorprendente nella sua capacità di conciliare gli estremi e simboleggia la volontà di un Jónsi non più alle prime armi di mettersi ancora in gioco senza riserve.

Tracce consigliate: Exhale, Cannibal, Hold