This is the night our ending starts. This is the evening where I break your heart

Si apre così Figure, il breakup album di Into It. Over It., un disco che racconta una storia datata ormai 2017 e che si è trascinato a lungo tra sale prove e studi di registrazione. Sono passati 4 anni da Standards e la bolla del revival emo è ormai scoppiata: Evan Weiss è un lavoratore instancabile della musica, con 3 progetti all’attivo, un’etichetta e un tour praticamente infinito. Uno stakanovista capace di scrivere e registrare un album in un mese (Proper) e di pubblicare un brano a settimana per un intero anno (52 Weeks), ma alla fine la bolla è esplosa anche per lui. 

Scoppia tutto a inizio 2017 con la fine di una relazione, anche a causa di uno stile di vita completamente disconnesso dal mondo reale (“Your best decision to close the door / You have your parents and I have the tour” canta IIOI nell’iniziale They Built Our Bench Again In Palmer Square) e tutto Figure gira attorno al dolore causato sia dalla fine della relazione stessa, sia dalla consapevolezza che quello stile di vita non era praticabile, non aveva senso, non era quello che un uomo di 30 anni avrebbe dovuto portare avanti per tutta la vita. Non se il tuo life goal è suonare musica bellissima ascoltata da una super nicchia di pubblico, almeno.

L’avvicinamento a Figure mi aveva portato a credere che l’album fosse più recente, che parlasse di pandemia e lockdown. Sarà il periodo storico, sarà che un brano come We Prefer Indoors e il relativo video puntavano in quella direzione, e invece parliamo di canzoni scritte e registrate tra il 2017 e il 2019, pezzi che hanno avuto un periodo di gestazione lunghissimo, in controtendenza con la routine lavorativa folle che aveva caratterizzato i lavori precedenti. L’incontro che ha trasformato le idee di IIOI in quelli che sono diventati i brani di Figure è quello con il batterista Adam Beck, scelto da Evan per rimpiazzare il partente Josh Sparks, lui sì desideroso di farla finita davvrero con la vita da musicista. La prima session con Adam ha portato subito alla scrittura di un nuovo brano: nei due anni e mezzo successivi i pezzi scritti assieme ben una trentina. Non solo: il songwriting classicamente emo di IIOI, caratterizzato da melodie ariose e chitarre arpeggiate, è stato impreziosito da Adam con nuovi fill di batteria e delicati inserti elettronici, che, se da un lato ci vuole un po’ a riconoscere, dall’altro danno un sapore tutto nuovo al suono di Figure.

I brani, infine, sono forse i migliori mai scritti da Evan, e si distanziano di parecchio dai tempi di Proper (se si esclude magari la più classica We Prefer Indoors) ma era una strada già percorsa dall’interlocutorio Intersections e dal riuscito Standards. C’è tanta autocommiserazione (dopotutto è un break-up album), ma anche una coscienza tutta nuova e il tentativo (riuscito) di rimettere in piedi la propria vita: un lavoro 9-18, la consapevolezza che la musica non è più la stella polare dell’esistenza ma un elemento come altri in un firmamento più vasto. Più tempo a disposizione per scrivere i brani, più tempo per sperimentare cose nuove: A Lyric In My Head I Haven’t Thought Of Yet è un tentativo di canzone pop che cerca di analizzare la vacuità di tutte le brevi relazioni tra i 20 e i 30 anni e la loro ripetitività. Brushstrokes è un brano senza ritornello che cresce attorno a un pattern di batteria in costante mutazione, ma la sua tecnicità emerge solo dopo svariati ascolti, e il primo impatto è quello di pezzo migliore dell’album. Il primo singolo Living Up To Let You Down gioca con una melodia in perenne cambiamento e si mantiene su questo equilibrio sottile dove all’inizio pensi che ci sia troppa carne al fuoco e poi non riesci più a togliertela dalla testa.

Come The Avalanche di OwenFigure è un album decisamente personale, ma si sente che avrebbe bisogno di essere suonato live in un club piccolo e sudato per respirare a pieni polmoni la potenza catartica delle canzoni. L’ascolto di brani come Perfect Penmanship, Breathing Patterns o Dressing Down // Addressing You grida già vendetta per quando potremo tornare sotto palco a scambiare buoni sentimenti con Evan e tutto quel gruppo di band emo che si prendono un mese di ferie dal lavoro per andare in tour. Figure ha quella genuinità, quella di un album fatto per necessità, per ispirazione e per passione, anche se questo vuol dire prendere un bel respiro, fare un passo indietro e affrontare i propri fantasmi.

Tracce consigliate: Brushstrokes, They Built Our Bench Again In Palmer Square, Breathing Patterns