Una scoreggia. Non che ci si aspettasse il botto dalla superband di Hot Creations, che cavalca l’onda Disclosure dopo i responsi positivi di Forward Motion e Benediction dell’anno scorso (entrata anche nella top 40 in uk), con la Warner pronta a far cassa visto che Jamie Jones e Lee Foss non arrivano certo dall’anonimato. Tra i tentativi di associare un’estetica deep coerente ai canoni Hot Natured (nulla di nuovo) e quelli di scimmiottare Micheal Jackson che cazzeggia tra le piramidi, ce ne vuole. I requisiti per un buon disco di merda ci sono tutti, iconografia per giustificare passaggi orientaleggianti, livello di orecchiabilità pari a zero, voci che sembrano non appartenere all’essenza di un lavoro spacciato per “”nu pop”” da chi tentato dalle classifiche vuole solo guadagnare qualcosa facendo più o meno le stesse cose.

Voi di Hot Natured, finiamola con quest’associazione a delinquere che distrugge la reputazione di un’etichetta che dice la sua in ambito dancefloor, con questo perbenismo tradotto nei venti minuti iniziali di daytime disco da far piangere anche i Poolside (“Give me a smile, that’s the inverse of crying”, dai). Non è facile creare  Canzoni che ti si piantano in testa quando le idee non sono chiare, pur avendo a disposizione una sensibilità alla melodia e le voci del mestiere di Art Department e Azari and III, che in People Change rendono più utile l’ascolto. Resta comunque un caso isolato di ciò che Different Sides of The Sun dimostra di essere: un disco cuscino di cui si poteva tranquillamente farne a meno.

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