Cinque mesi dopo il suo ultimo EP, Lex Tertia, Helena Hauff esordisce sulla lunga durata con Discreet Desires, dieci brani da ascoltare tutti assieme in un percorso che porta alla liberazione (Dreams In Colour) attraverso la dissociazione e lo straniamento, percepibile già a partire dalla copertina (che, per inciso, è uno scatto dell’autrice allo specchio e non un frame dell’ultimo video di Autre Ne Veut) ed elemento principale di questo disco.

Diventata famosa come Dj molto prima che come produttrice, abituata a stupire (ammesso che la cosa abbia senso e possa addirittura diventare un’abitudine) con set al limite della sperimentazione e una forte passione per i suoni distorti e le ripetizioni, Helena sembra sentirsi molto più limitata quando si tratta delle sua tracce; e se negli EP a farla da padrone sono le influenze acid con pezzi dalla durata quasi estenuante, in Discreet Desires tutto suona molto più retrò (classico, volendo), alla ricerca di una via di mezzo tra il dancefloor e la cameretta. L’incrocio funziona quanto basta per essere apprezzato nel complesso, ma l’ascolto delle singole tracce lascia la sensazione che il loro posto sia comunque all’interno di un set di qualche ora, e che le cuffie possano restituire solo una piccola parte di quello che è il loro potenziale.
Non a caso i due pezzi migliori – L’Homme Mort e Tryst – sono anche i più lunghi, e hanno una struttura molto simile: costruiti a partire da un elemento ben definito e articolato, in un caso il basso e nell’altra un synth di piano, vengono arricchiti da strati di batterie ed effetti sonori in un crescendo alla Fuck Buttons (o l’ultimo Ben Frost) che non mira alla dissonanza, ma alla polifonia. I suoni, per quanto scuri, sinistri, non cozzano mai tra di loro e procedono, tra arpeggi e rivoluzioni, verso la meta comune: il finale, dopo la tensione di Silver Sand & Boxes of Mould, ci dice che siamo liberi di andare, con neanche due minuti di suoni dolci e pacati, che rovesciano tutto quello che si era sentito prima, facendo entrare un po’ di luce all’interno della cattedrale gotica di Discreet Desires.

La sensazione è che l’approccio ad un disco simile possa risultare troppo difficile e scoraggiante per una buona parte degli ascoltatori, soprattutto nei (non pochi) momenti di maggiore adesione al loop nevrotico e fine a se stesso. Hauff non fa un solo gesto per venirci incontro e resta a fissarci da lontano, ieratica.

Traccia consigliata: L’Homme Mort