Chill pop vacanziero con mandolino.
C’è davvero bisogno di aggiungere altro alla recensione di un album che fondamentalmente è questo? Incredibilmente sì, se non altro perché dietro Heavenly Beat si cela il vecchio bassista dei Beach Fossils, John Peña, ora andato per la sua strada proprio come Zachary Cole Smith (ex chitarrista che si è concentrato sul suo progetto DIIV).

L’intero album è una colonna sonora perfetta per un estate da hipster figli di papà all’insegna della bella vita vissuta in doposbronza a bordo piscina, vista attraverso il filtro Instagram più vintage e con un pizzico di malinconia.
Fondamentalmente Talent non annoia perché è veloce (11 tracce che non arrivano mai ai quattro minuti), anche se i suoi momenti tedianti li ha eccome (Tolerance, Hurting e Influence). Perché quando fai un album basato principalmente su synth strings, mandolino (sì, porco cane, è un proprio un cazzo di mandolino) e beat soffusi quasi mai heavenly tediare è facile come non mai: fortunatamente il nostro John Pene è in grado di far trionfare sui suoi mezzi opinabili un forte senso pop che si esprime attraverso melodie niente male e alcuni ritornelli piacevoli, figli di gente come Toro Y Moi e altri chillerz. Al resto ci pensa il riverbero.
È proprio la title-track che esprime al meglio lo spirito dell’album: il risultato è un pezzo di media gradevolezza, ma l’addizione che sta sotto somma una smandolinata aberrante con un bel ritornello romantic-catchy… Questo sì che è Talent!
Spiccano su tutte, dando vigore all’album e salvandolo abbondantemente, l’iniziale Lust, la finale Consensual, la mediana Elite e soprattutto Faithless (già uscita come singolo l’anno scorso) che ti prende così tanto che neanche l’assolo di archi+mandoliccio (W. T. F.) che parte a un certo punto riesce a rovinarla. E infatti poi cresce, esplode e torna come prima.

Fateci un pensiero se non siete già tornati dalle vacanze.