You shouldn’t let poets lie to you.

Una giovane Björk, messa davanti ad una telecamera, prova a spiegare cosa rappresenti per lei la televisione: un poeta islandese l’aveva messa in guardia sul potere del tubo catodico di intorpidire le menti, ipnotizzandole dinanzi a trasmissioni prive di significato. Quel poeta, dice, era un bugiardo, confutato dalla realtà scientifica per cui la TV non è che un ammasso di cavi e circuiti, priva d’anima e volontà.

Mente il poeta e mente la poesia, lì dove il lettore voglia farsi ingannare e lasciarsi cullare da un’illusione che gli funga, tutto sommato, da conforto. Il sentimento dell’amore in lettere può tratteggiarsi tanto romantico, intensamente onirico e positivo, quanto addolorato, ma sempre intriso di quella lirica tragicità che è, allo stesso tempo, inginocchiata e dignitosa.

Ecco, però, che la dimostrazione empirica si abbatte sulla teoria dove la delicatezza e la morbidezza delle relazioni d’un tempo si assottigliano fino a consumarsi, a spezzarsi taglienti come fili di cotone tesi fra le dita. I Future Islands possiedono la magistrale abilità di raccontarsi in modo visceralmente autentico, contro pagine sognanti dissociate dal vero, rimediando contemporaneamente alla drasticità della narrazione con la raffinatezza di una costruzione melodica corale. Spogliata dei costumi di scena, la nudità dell’essere si presenta a chi ascolta diretta come uno schiaffo di vento, al cui colpo segue il riparo del viso voltandosi dall’altra parte.

The Far Field sulla carta si qualifica come quinto album in studio della band. Nei fatti, come il secondo riconosciuto ed atteso da un pubblico finalmente e dovutamente mondiale, cresciuto successivamente alla straordinaria performance live nel 2014 del singolo Seasons (Waiting on You), al Late Show di David Letterman, trampolino di lancio mediatico di un gruppo già fortemente allenato nell’ambito tour e concerti – avendo collezionato oltre mille date in pochi anni –, ed accompagnato da un seguito in origine più modesto e di nicchia, ma sinceramente appassionato. Il nuovo lavoro prosegue la trama di una conversazione sospesa ed ora ripresa su toni analoghi, a tre anni di distanza da Singles, dirompente debutto sull’etichetta 4AD: le matrici stilistiche si confermano synthpop e new wave (la cui prova si osserva nel featuring con Debbie Harry, leader dei Blondie, nel brano Shadows, in cui il carisma dei due artisti si sorpassa come in un confronto verbale), navigando più al largo di una semplice classificazione indie rock. Sostenere che si tratti di un disco non sperimentale, difettoso di audacia, peccherebbe di ingiustizia verso un’opera che, scevra di valutazioni soggettive, incarna cuore e spirito dei Future Islands dalla prima alla dodicesima traccia, linea di basso fendente ed architettura sonora sintetizzata.

Non è un album evolutivo, ma non avrebbe neppure forzatamente ragion d’esserlo: le variazioni sul tema sono presenti e distinte, dalla ritmicità giocosa e tropicale di North Star alla ballata dub Candles, spregiudicatamente ammiccante ad atmosfere anni Ottanta da sala danzante, di cui Herring è melanconico crooner. Intervalli più farraginosi e ripetitivi (Ancient Water, Black Roses), sono compensati dall’irruenza con cui sensazioni ed emozioni si fanno carne, afferrabili al tatto e percepibili alla vista, come il petto che l’impetuoso frontman si batte e si strugge tanto nel processo creativo ed interpretativo, quanto in quello più intimamente personale. Cave esplode anatomicamente, tuonando cupa e graffiata fra stridii ed intrecci di chitarra, tratti elettronici ed articolazioni vocali, in primo piano su synth echeggianti la Papillon degli Editors; al polo opposto, quasi commuove la soavità della coda orientaleggiante di Aladdin, rappresentazione in musica delle tinte rosate dell’alba o dei ciliegi in fiore.

La crudezza del dolore, la devastante forza del sentimento sono espresse senza compromettere un gusto compositivo ricercato, accarezzato, come lo stesso artwork di copertina anticiperebbe, avvicinando ad una mano tesa – forse in segno di richiesta di aiuto – petali colorati. Se la poesia non è veritiera, o chi la recita è un impostore, non significa che la verità debba esser cantata senza armonia.

Tracce consigliate: Aladdin, Cave.