L’accoppiata è quella delle grandi occasioni, da far tremare i polsi. Function, al secolo David Sumner, e Dominick Fernow, meglio noto come Vatican Shadow e Prurient hanno unito le forze per un intero LP in collaborazione dal titolo Games Have Rules.
Tra i due, Fernow è certamente il nome più noto al grande pubblico. Sotto il nome di Vatican Shadow da anni produce a ritmo costante techno dalle atmosfere lugubri e dalle tematiche ancora più gravose, pesanti come macigni. Fin dal primo episodio della discografia infatti ha trattato con la materia scottante delle guerre americane in Medio Oriente e non solo. L’ultima release, un box set da 20 canzoni divise su 6 cassette, tocca pagine buie della cronaca nera a stelle e strisce, tra Timothy McVeigh e la strage dei davidiani a Waco. Indubbiamente un erede e allievo del mai troppo compianto Muslimgauze, con uno sguardo e una prospettiva più occidentale.
Sumner, originario di New York ma trasferito a Berlino dove ha dato vita al collettivo Sandwell District, compone elettronica dagli anni 90 e viene definito ovunque come una figura di riferimento assoluta della scena, un eroe della techno underground.

Games Have Rules, viste le premesse, è una sorpresa. L’album è un’esplorazione della città di New York, città che entrambi conoscono particolarmente bene. L’alienazione mostruosa di una metropoli sterminata, il traffico, le luci, l’incontro e lo scontro di otto milioni di persone poteva essere reso in mille modi brutali ma difficilmente ci saremmo aspettati così. Sì perché di cassa dritta e atmosfere assillanti, opprimenti qui non se ne sente proprio traccia. È indubbiamente una Grande Mela notturna quella illustrata ma è come se fosse vista e vissuta con gli occhi di un fantasma.
E non sembra nemmeno la New York reale allora ma un deserto di cemento e vetro e luci che però non ci lascia impressionati, non ci fa girare la testa verso una bionda che stappa una Coca Cola in costume da bagno su uno schermo alto metri e metri, non ci inchioda insieme a un’altra folla al semaforo in attesa del verde, non ci vede sfiorati dai taxi ma ci lascia scivolare leggeri, isolati ma a nostro agio nell’assenza di sensazioni umane, perfettamente calati in quell’ambiente.
Questa resa è filtrata mediante un ambient per il quale la techno, patria delle due menti pensanti, altro non è che una sotto-struttura appena palpabile, sulla quale adagiare il velo della composizione vera e propria.
Quaranta minuti di musica al neon divisi in sole sette tracce, quattro delle quali legate fra di loro a due a due dai titoli e dal mood, coppie come facce di una stessa medaglia. Things Known & Things Unknown sono la pura registrazione dello spirito della metropoli che qui sì, è New York. Ma può essere anche Berlino, Milano, Londra: la skyline sarà diversa ma le sensazioni sempre le stesse, mostruosamente uniformi.
E poi la quasi assoluta mancanza di dinamismo in Games Have Rule si riflette quando ci si trova per le mani una traccia come A Year Has Passed  che nei primi 30 secondi elabora il proprio modulo e lo ripete, imperterrita ancora e ancora e ancora, senza nessun accenno di cambiamento, una costanza degna di una macchina. Stessa cosa per la gemella A Year Has Gone By con la sua drum machine che borbotta sempre uguale.
A modo loro anche il duo finale è unito da qualcosa; un’impressione di movimento, un accenno di vita che viene spinto prima dalla cassa in quattro quarti essenziale di Red Opium e poi finalmente da una grande conclusione, la poderosa, nerissima eleganza classica di Bejeweled Body. Questa sì capace di animare una dancefloor, un risveglio dei sensi posto in chiusura non a caso visto che come recita la press release “Games Have Rules was created in the early hours […] helping imbue the record with a sense of night turning into day, and the shifting contrasts of dark and light the music evokes“.

Ossessivamente ripetitivo, estraniato, piatto: Games Have Rules è anche noioso? No, basta mettersi nelle condizioni giuste per goderne appieno. Se questo album fosse un film sarebbe la ripresa di un tram deserto che viaggia di notte ma alle cui fermate non sale e non scende nessuno, l’inquadratura fissa sui vagoni deserti per tutta la durata del viaggio. Se cercate un album festaiolo guardate da un’altra parte; se siete disposti a ritrovarvi sullo stomaco il peso di un po’ di (in)sana alienazione urbana, consegnatavi mediante un’attenzione maniacale e inquietante per l’atmosfera, questo fa al caso vostro.

Tracce consigliate: Things Unknown, A Year Has Passed.