La necessità è la madre delle abilità. Quanto questo possa essere vero per l’ormai duo Factory Floor è difficile dirlo: 25 25 vede Gurnsey e Void affannati cercando di spostare il vento che gli si punta contro, neanche fosse un muro. La partenza del terzo componente Dominic Butler, invece che far emergere il carisma, le abilità dei due che partigianalmente hanno abbracciato la causa, ha definitivamente sancito il passaggio a fatture compiutamente di plastica, prive dello spigolo minimalista o del deciso spirito noise.

Nel complesso 25 25 è un po’ come un foglio bianco sotto la carta carbone: coi tratti meno chiari, meno vivi rispetto all’originale, ma identico nella forma totale. In confronto al precedente Factroy Floor, la sostanza non cambia, se non nel confezionamento del prodotto: 25 25 è meno pulsante o meno analogico e poi è imperturbabile come un mixtape suonato in un vecchio magazzino vestito da club. L’opener Meet Me At The End di “ultra minimalista” possiede l’uniformità generale della dinamica, per il resto la traccia è la sintesi di un’elettronica ridotta. E ciò vale per l’intero lavoro che, tutto sintetico, pare costruito di uno stesso materiale: bassline acide in sequenza e marcate dalla flessione dub della voce di Void, spesso destrutturata o allungata come un chewing gum tra gli incisivi e le dita; il tonfo del kick, raramente ammorbidito dal rullante o dall’hi-hat, mantiene la produzione rigida e inflessibile, appiccicata al dance floor come delle scarpette in gomma sul drink versato (Upper Left, Dial Me In). La voce, insieme alla ritmica, detta legge lungo tutto l’lp, condizionandone in parte la riuscita. In 25 25 Void sottopone a mercificazione le sue corde vocali quando trascina la voce annoiata tra i bleep goffi di Relay o anche quando se ne serve per farne un espediente ritmico (25 25); quando annuisce scocciata in Ya, col solo intento di assecondare il synth che scalda i cuori e i corpi di giovani ballerini seriali di techno edulcorata.

25 25 è un lavoro edonistico, che mira a raggiungere la perfezione con il minimo sacrificio; che sotto la spinta techno ha l’ambizione di proporsi minimalista. Ma che nei fatti si presenta con lo sguardo assente o paurosamente intenso, solo animato dall’ombretto metallico e il contorno occhi marcato; i denti macchiati di rossetto e il sorriso schizofrenico; la pelle ruvida di una donna di mezza età che, con l’intento di apparire giovane, oltre che dannatamente bella e sobria, nei modi come nell’aspetto, finisce per risultare comunque eccessiva ed esageratamente truccata.

Traccia consigliata: Wave.