Dal 2009 ad oggi in moltissimi hanno almeno una volta fischiettato il motivetto di Home, vero grande successo di Edward Sharpe, all’anagrafe Alex Ebert, e dei suoi Magnetic Zeros. Se proprio Home era la vera ragion d’essere del debut album Up From Below, allo stesso tempo rischiava di segnare la carriera del gruppo, etichettandolo per sempre come “quelli di quella canzone che fa così”. Fortunatamente per loro però il sophomore Here rappresentò un piccolo passo avanti, un album contraddistinto da maggiore coesione e compattezza, pur mantenendosi sul trend dell’atmosfera giocosa e dell’ascolto semplice.

Questo Edward Sharpe & The Magnetic Zeros non vuole essere un cambiamento d’attitudine o di approccio alla musica, benché a livello sonoro le atmosfere si arricchiscano di bassa fedeltà e di una vena beatlesiana, già rintracciabile in Here ma qui più che mai evidente.
L’album si apre bene con Better Days, il cui ritornello gioca egregiamente sulla contrapposizione coro-voce roca di Alex, e con i sei minuti e trenta della successiva Let’s Get High e i suoi cambi di ritmo.
Purtroppo le sorprese si esauriscono immediatamente e dalla terza traccia inizia una carrellata di pezzi anonimi, alle volte piacevoli ma davvero per nulla incisivi (Remember To Remember, If I Were Free, Country Calling), altre – troppe – volte brutti e mal riusciti (Two, This Life, Life Is Hard, In The Lion, In The Summer).
Se è vero che a livello musicale ciò che stucca maggiormente è la vena gospel-corale (che per assurdo era una delle maggiori forze del gruppo in passato) abbinata alla tanto ostentata ispirazione ai Betales (il basso di In The Lion, la batteria di Let’s Get High, la chitarra e il coro di Please!), è d’altro canto innegabile che la vera debolezza del gruppo stia nelle liriche sempre incentrate sull’amore; si badi bene però: per amore si intende qui il concetto semplificato dello stesso, un qualcosa di quasi magico e mistico che governa il mondo e che vuol dire tutto e vuol dire niente, che comunque a parlarne non si sbaglia mai, ma a parlarne troppo si scade nel banale.

Ciò che rimane di questo Edward Sharpe & The Magnetic Zeros è un’accoppiata di buoni singoli circondati da altri minuti di musica che di sicuro non ricorderete da qui a settimane, forse giorni.
È dunque un passo indietro rispetto a Here, nonché un déjà-vu di ciò che avevamo vissuto con Home e il relativo Up From Below del 2009. Ora però siamo nel 2013, al terzo disco, e le scuse di “immaturità” non valgono più.

Tracce consigliate: Better Days