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I Django Django erano quattro studenti d’arte fuori corso alle prese con una nomination per un Mercury Prize: non proprio artisti, appunto, ma hanno creato i presupposti per quella che su tutti i fronti è un’ambiziosa mostra personale (video impegnati, foto impegnate, cover impegnata). A tre anni dall’acclamato disco d’esordio e dopo un’ispirata compilation Late Night Tales da raffinati beatmaker, i nostri tornano più fusi di prima con Born Under Saturn, un album impegnato nel messaggio e ancor più nell’ascolto.

La matassa che viene fuori, in tutta la sua genuinità, è più autocelebrativa che avanguardistica: le dichiarazioni sulla mancata emancipazione dell’artista nella società, laddove “prima era solito stupire e ammaliare”, valgono da comunicato stampa per un’ipotetica inaugurazione, da fare nel set sci-fi di Reflection e non nel Far West di Wor. Quella comicità che li ha resi idoli di un rockabilly scalmanato e ricco di infusioni esotiche (tamburelli, noci di cocco, vibraslap) viene smantellata e ricomposta senza esasperare le sonorità sabbiose e psichedeliche (MIDI da quattro soldi), con una linea ritmica più solida e organica (Giant). Più cassa e meno chitarre, più electro jungle e meno surf. I Django Django così elettronici sembrano una band di successo tipo Hot Chip o Franz Ferdinand, che non rinuncia a deliziare i suoi fan con le liriche danzereccie di Pause Repeat, con il tropicalismo complesso di Found You e con il basso galoppante di 4000 Years, e che conferma quanto gli piaccia delirare con l’analogico e le colonne sonore.

Di questa attesa svolta elettronica però c’è poca roba, visto che grande importanza viene data al cantato/recitato preso qua e là da libri esoterici (che hanno ispirato anche il titolo dell’album) e dai Pet Shop Boys e la Chicago house (Shot Down), in particolare Gabriel di Roy Davis jr (inserito nella Late Night Tales), che tra l’altro ha influenzato le casuali strombettate di Reflections. Il resto stupisce per originalità, ma difficile dire di essere ammaliati.

Con Born Under Saturn, i Django Django si sono confermati una band che sa dove sperimentare per far felici tutti, pur non smettendo di piacersi e compiacersi. Passare da un esordio caciarone da mercato delle pulci ad un sophomore da Tate Modern non è da tutti.

Tracce consigliate: 4000 Years, Giant.