Flussi di canzoni con continuità di soluzioni, consistenza melodica e sentimentale, modalità di inserimento e miscelamento meticolosa che significa non una nota fuori posto. Deptford Goth è riuscito a mantenere saldi i punti di forza del suo debutto, ma ha anche conquistato la fiducia nell’ esprimersi con maggior chiarezza, dimostrando che l’unione felice non comporta necessariamente la musica felice.

In sostanza Songs è, ancor più del debutto, di un’onestà viscerale che sconcerta per leggerezza dichiarativa e rifinitezza comunicativa, disco dove tutto si spoglia delle solite velleità pop dall’elettronica gentile, e non, e apparentemente innocua.
L’ascoltatore viene aspirato e trasportato immediatamente nell’universo personale di Deptford Goth, già dall’apertura, Relics. Toni cupi di squisita sensibilità con scorci di ottimismo, ambiente tutt’altro che regolare ma stranamente edificante. I synth cadenzano dolcemente l’acciaio del tamburo e accompagnano, implorandoci, -“get slow/the rhythm of life is an irregular thing”- le linee di chitarra, complesso che prepara in background l’esplosione nel centro della scena, dove la canzone raggiunge l’apice melodico dell’intero disco. Relics pone le basi per le prossime 10 tracce – con forse in spalla il più significativo sviluppo evolutivo della voce di Woolhouse.
Sono le canzoni come Dust che elevano la voce di Woolhouse a un tono oltre il semidivino; egli esponenzializza i risultati migliori, paradossalmente, mettendo in campo la minor quantità di lavoro sensibile: arpeggi delicati che attraversano il buonsenso, velando il resto, situati comodamente accanto a una linea semplice, affascinante, di chitarra e pianoforte. Una voce raffinata e sorprendente come questa va resa minimale ed estorta da contorni superflui, lasciando ai vecchi teorici della perfezione una realtà sempre più distorta e complessa che sfugge dalle loro mani.
The Loop inizia con una semplice battuta, quasi come se qualcuno stesse distrattamente iniziando a tamburellare, prima di far crescere e trasformare quel battito strumentale in una delicata ballata di ghiaccio con l’aiuto di una linea di synth progressiva su cui il falsetto si incastra silenziosamente. The Circle, flashforward in cui sfondi pallidi isolati e tribali accolgono ombre e spazi aperti che creano un’atmosfera con un lirismo appena accennato. L’album tira fuori tutta la forza, iniziamente accumulata grazie alla sua costruzione lenta, con A Shelther, a Weapon: tra il maestoso e il catartico, sembra volerci insegnare una cosa semplice “got love/use it like a weapon/if you want me, you can have me ‘til the end of time.” Questo è tutto. Questo è tutto quello che c’è. Si taglia la scintilla della storia d’amore, sapendo che da solo non si salverà. Ma questo non implica il non radicarsi in se stessi, anzi.
La voce si irrobustisce piano piano, fino ad arrivare a Two Hearts, fino a ripetersi come un mantra, fino a farci scorrere nelle vene “But there’s nothing quite like two hearts” come fosse una vera e proprio convinzione comune, convinzione colma di assordanti e significativi silenzi, affiancati dalla perenne sensazione di timido e soffuso. E forse, anche se in parte, l’unico difetto di Songs è proprio questo, la mancanza del tempo in cui l’elettronica prende delicatamente consistenza facendoci tralasciare il pathos, aiutandoci a raggiungere la conquista più facilmente, il tempo in cui i ritmi accelerano per favorire le trame pop e non la volontà prematura di evoluzione. Non monotonia, ma linearità, presente a 360°, che si crogiola praticamente per la totale durata del disco, bizzarria che fa perdere la quasi semplicità nel capire degli esordi e non ci fa rimanere altro che posizionarci nelle zone adibite alla riflessione e all’educazione.

Songs riesce a dissimulare tutte le incertezze, già sminuzzate e trafilate dal precedente e divino Life After Defo, grazie a una straordinaria produzione, la quale ad ogni ascolto svela nuovi punti d’attracco emotivo e cerebrale, ricodificando i confini della più tortuosa strada scelta per arrivare al cuore dell’ascoltatore.
Un disco che passa per la mente e l’anima prima di affondare nei timpani. La sua serietà traspare sopra ogni altra cosa; lui è un uomo innamorato, ci sono ottimismo e fiducia, qui, sepolti sotto un sottile strato di neve.

Tracce consigliata: Relics, Dust.