Jingle-jangle, bass-line tese, riff ipnotici, coretti catchy e riverbero quanto basta, e non basta mai.
Quante band adottano la ricetta qui sopra, modellandola in mille modi diversi, cercando di ricavarne la formula magica del successo? Tante, tantissime.
Possiamo tranquillamente affermare, senza timore di spararla grossa, che da qualche anno a questa parte Captured Tracks (DIIV, Beach Fossils, Wild Nothing) ha fatto scuola.

In molti cercano di attingere alla sacra fonte newyorkese e di rielaborare il tutto a casa propria; stiamo parlando in questo caso specifico dei finlandesi Delay Trees, alla loro terza uscita discografica intitolata Readymade.
Eh Readymade, la prima parola che viene in mente per un album che pare preconfezionato. A dirla tutta non è nemmeno brutto. Fireworks per esempio ha un bel riff di quelli classiconi, che non può non piacere, con l’apertura nel ritornello che va in minore e poi cresce: il sing-a-long è bell’e fatto, con tanto di coretti uuuu annessi. Bassone incalzante in Steady e ti vengono in mente 350 band ma comunque ascolti perché il mood generale trascina sempre un appassionato del genere; la sorpresa fa capolino nella coda, quando la personalità del quartetto vien fuori e le linee si fanno un po’ più dure e incazzate, ma non temete: è una breve parentesi di un minuto scarso. Tutto torna floscio e fluttuante in men che non si dica. Voci disperse nell’aere, un po’ di jingle qui, un po’ di jangle là, ritornello e tappetino di synth dreamy che in giro non dicano che tiriamo fuori le palle, già le abbiamo tirate fuori con il singolo a fine 2013 e ci è pure venuto il mal di cuore (Perfect Heartache, appunto); al di là di tutto un bel singolino di traino, giretti à la Real Estate e un pelo di overdrive in più nel ritornello (formula riproposta anche nella successiva The Howl).
Big Sleep merita di essere nominata solo perché è l’unico pezzo in cui il batterista si ricorda di essere al mondo. In The Atlantic poi cercano di fare “sperimentazione”: un’intro prolungata e dei fruscii di sottofondo, un cantato quasi a cappella, e poi ancora fruscii e un organo in chiusura totalmente a caso quindi proprio no, mi dispiace ma esperimento fallito.

Sufficienza sì perché quei tre pezzi (su otto) son carini e lasciano intravedere anche un briciolo di personalità (troppo poca rispetto ai tanti scimmiottamenti di realtà ben più affermate). Gli altri sono banali, a tratti brutti. Readymade non è un danno alla musica ecco, ma niente di entusiasmante o innovativo. Scusate ragazzi ma tra una settimana non mi ricorderò più di voi.

Tracce consigliate: Steady