Autore, co-autore, produttore, compositore e pianista, Dario Faini sorregge l’intero sistema musicale popolare italiano. Da Elisa al successo di Sanremo con Mamhood, passando per un lunghissimo elenco che tocca praticamente tutti gli interpreti ed autori della musica radiofonica italiana di ieri e di oggi, è lui l’artista sul quale ha scommesso Universal ed è sempre lui ad esserne diventato punto di riferimento a distanza di anni. Ma Dario Faini è anche Dardust, alter-ego artistico nonché pseudonimo interstellare che rimanda inequivocabilmente a Quell’uomo venuto dalle stelle quasi cinquant’anni fa.

Tolti i panni di colui che si mette al servizio degli altri e che appare solo nei credits a piè di pagina, il progetto Dardust è un prisma attraverso il quale esprime la sua personale visione delle cose mostrandosi al pubblico. In particolare, rielabora i secoli di musica classica alle sue spalle secondo concezioni stilistiche avanguardiste e nuovi criteri di sperimentazione, che si traducono nell’unione degli stili e degli elementi che, non a caso, lo hanno portato ad essere considerato uno dei simboli dell’attuale neoclassicismo di matrice elettronica insieme ai colleghi nordeuropei.

S.A.D. Storm And Drugs, uscito su Sony, è il suo lavoro numero tre. Album che idealmente chiude la trilogia dell’asse geografico Berlino/Reykjavík/Londra che lo ha ispirato ed influenzato anche umanamente nell’ultima decade: registrato nel Funkhaus studio di Berlino; Birth al Sundlaugin Studio dei Sigur Rós in Islanda e oggi S.A.D. nato e cresciuto tra Londra ed Edimburgo.

Il concept è dichiarato: l’autore ci proietta nella seconda metà del diciottesimo secolo in pieno Sturm und Drang, movimento culturale tedesco che ha fatto da ponte tra l’illuminismo ed il romanticismo. Con l’eccezione del gioco di parole nel titolo, che serve principalmente ad attualizzare il fenomeno, calandolo nella realtà contemporanea sia livello urbano sia dal punto di vista personale, S.A.D. ne assorbe i tratti caratteristici e racconta il mondo di oggi attraverso gli studi classici e le esperienze del suo autore. C’è lo Xanax, ma c’è anche la tempesta. In chiave minore.

Ci sono tantissime emozioni, cupe e deprimenti. E anche quando entra la cassa l’ansia e l’affanno giocano un ruolo centrale ed i ritmi divengono estremamente sincopati. Vedi l’ouverture Sublime con la quale si viene spinti verso l’Estasi con sonorità e stili molto vicini all’ultimo Jon Hopkins. Lo stesso vale, seppur con alcune differenze, anche per Storm And Drugs: la sua Born Slippy. Qui le contaminazioni ed i riferimenti si moltiplicano: abbiamo la vita di Dardust raccolta in questo vocal un po’ bambino, un po’ adulto; abbiamo l’accoppiata Irvine Welsh/Danny Boyle ed il famosissimo “choose life” di Trainspotting e una lunga corsa verso l’elaborazione degli eventi drammatici fino ad una nuova rinascita (Fuck the pain/Start over/Choose Life/Turn the page).

I drammi non sono quasi mai preventivabili. Nessun preavviso. E come l’imponderabile si getta sulla quotidianità, così Dario dipinge di imprevedibilità alcuni momenti chiave dell’album. È il caso di Rückenfigur (secondo singolo estratto dopo Prisma) brano dell’uomo di spalle a là Friedrich che – ça va sans dire – è il manifesto pittorico dello Sturm Und Drang. L’uomo osserva gli eventi; il terremoto e le case crollare. L’impatto uomo-natura è drammatico e come la Klavierstück Nr. 5 di Wolfgang Rihm si alternano le emozioni. E poi c’è Sturm I – Fear: cacciabombardieri nazisti sui cieli di Londra; droni, lampi e tuoni tra le nuvole nere. Bassi distorti e punte dubstep.

La trilogia è anche sintesi nella sua accezione più filosofica, se vogliamo. In questo senso nell’album vive l’idea che il reale sia il risultato anche di una contrapposizione di opposti. Se questo aspetto ha comunque fatto parte anche dei lavori precedenti, in Storm And Drugs è ancora più accentuato. Alla cassa ed al synth che sfogano la tempesta emotiva si contrappongono, infatti, i momenti introspettivi e di riflessione con i piano classici di Withouth You, S.A.D., che riavvicinano Dardust a Ólafur Arnalds e a Nils Frahm Beautiful Solitude che chiude questo lavoro che attraverso l’esperienza privata diventa universale.

Sebbene nell’immaginario comune l’atto finale della trilogia simboleggi la fine o la sintesi, il nuovo album di Dardust segna la chiusura di un ciclo, minimalista e personale, ma lascia la stessa sensazione che lasciano le saghe che sai bene che non si concluderanno con il terzo episodio. Non semplice approdo, ma porto dal quale partiranno i suoi progetti successivi. Film scoring, sincronizzazioni e nuovi live show (il suo tour parte tra pochissimo). Nuove traiettorie per un artista maturo, ma non ancora stanco di viaggiare e di evolvere; autore silenzioso che sa mostrare al pubblico muscoli e sensibilità. Tempesta e impeto.