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Funny story: ho un problema con le giacche di pelle. Sarei capace di vendermi entrambi i reni per una bella Perfecto nera, mi piace proprio, è una cosa affettiva. Così mentre sfogliavo un catalogo di una nota casa produttrice francese ho scoperto Curtis Harding. A prima vista, capelli afro-camicia a quadri-fender, lo stereotipizzatore che è in me si era già proiettato in testa il solito clone di Jack White, l’ennesimo progetto revival garage blues e invece no. Il ragazzo di Atlanta, modello per lo stilista Hedi Slimane (che ha curato lo stesso artwork di Soul Power) vanta già delle rutilanti collaborazioni musicali, tra cui un’esperienza da corista per Cee Lo e dei featuring con i Black Lips, coautori di alcuni brani nell’LP, inoltre una giacca di pelle (aaah) con le frange è stata ribattezzata Curtis in onore di Harding, anche se il frontman ha fatto sapere sul proprio account instagram di non potersela proprio permettere. Svezzato dalla madre al gospel, il giovane cantante afro spende gran parte dell’infanzia nelle chiese e nelle strade, sviluppando un amore viscerale per il soul; eppure Soul Power è un miscuglio eterogeneo delle influenze che hanno ispirato Harding. Lui parla di “slop ‘n’ soul”, e cosa voglia indicare con questa definizione è presto detto: in Soul Power c’è tutta la bellezza dei musicisti che compiono esercizi semplici, seppur con amorosa dedizione. Soul Power sembra proprio l’esaltazione delle piccole cose, l’amore per le azioni elementari: ciò che rende un artista un Artista.

Keep On Shining nobilita il titolo dell’album, impreziosita dal falsetto e un arrangiamento che più seventies non si può, Castaway è un blues lento ed evocativo che richiama le atmosfere vintage di B.B. King (notevoli gli spunti chitarristici a testimonianza della poliedricità di Harding). Con Surf ci spingiamo su lidi più contemporanei, una decisa virata garage-indie che quasi conferma la prima (falsa) impressione sull’artista; se I Don’t Wanna Go Home è uno dei pezzi più movimentati e rockabilly, Heaven’s On The Other Side è proprio funky, un piccolo tributo alla disco music. Anche negli episodi più derivativi come Drive My Car si nota il tocco personale di Curtis, che ha curato personalmente la produzione delle tredici tracce. Freedom è un inno alla musica e cultura nera e non avrebbe sfigurato nella colonna sonora di Django Unchained.

A metà tra la tradizione di Al Green, James Brown e Marvin Gaye e le nuove leve del soul e del blues come Gary Clark Jr. e Leon Bridges, Curtis Harding propone un lavoro che non vuole essere un mero revival per nostalgici degli anni settanta. Nonostante la derivatività di alcuni pezzi, s’intravedono un talento cristallino e quintalate di personalità. Se un produttore avrà il coraggio di scommettere su di lui ne vedremo delle belle. Nel frattempo, parafrasando l’opener Next Time: “See You Later Bitch(es)”.

Tracce consigliate: Castaway, Surf