Indubbiamente i Crocodiles sono un gruppo prolifico: 4 album in 5 anni, e il quinto che arriva poco più di un anno dopo. Indubbiamente ai Crocodiles non va chiesta originalità: a loro piace il noise pop e i Jesus And Mary Chain, e fra variazioni più rumorose e altre più pulite, quello fanno. Almeno fino a oggi, quando nel presentare il loro nuovo album, registrato a Città del Messico, ci comunicano di avere inventato addirittura un nuovo genere: il salsa punk. E qui la paura si fa forte. Che siano diventati dei Gogol Bordello in versione messicana?
La risposta (per fortuna) è no. Anzi, tutta la prima parte dell’album sembra essere ispirata a ben altre latitudini: quelle californiane, per loro classiche e di casa, unite a quelle di Manchester e del Britpop, per via di alcune soluzioni che li fanno assomigliare a degli Happy Mondays con meno droga e più tavole da surf. È quella parte composta da Crybaby Demon, Foolin’ Around e Do The Void, tutte quante contraddistinte da uno stile orecchiabile e sporco per finta che ti venire voglia di muovere la testa ininterrottamente per 10 minuti con una strana espressione fra il compiaciuto e il poser.
Se l’album fosse tutto così non sarebbe per niente male, almeno per chi ama questo genere di cose. Purtroppo, così non è: da qui in poi gli unici episodi interessanti sono Blue, malinconica, dilatata e vagamente ipnotica, e Kool TV, in cui finalmente si fa sentire questa supposta svolta Salsa, grazie a delle percussioni e a un basso dal sapore tropicale accompagnati da una fuori luogo quanto azzeccata chitarra dalle tinte psichedeliche. Il resto, ovvero la metà dell’album, annaspa fra il poco ispirato (Hard) e il decisamente inutile (Peroxide Hearts). Fosse stato un EP, sarebbe stato un ottimo EP. Essendo un album, è semplicemente un album nella media. Per qualcosa in più, aspettiamo la prossima uscita: visti i ritmi produttivi dei californiani, non dovrebbe mancare molto.
Traccia consigliata: Crybaby Demon