Di Hotel Valentine ovvero, dell’arte di ritornare sulla scena dopo quindici anni e fare finta di esserci sempre stati.
Ai più, il nome Cibo Matto non dirà nulla: le due nipponiche Yuka Honda e Miho Hatori, dopo aver fondato il gruppo a metà anni 90 e aver mietuto discreti successi più in Occidente che in madrepatria, sembravano aver messo in soffitta questo progetto comune solo per riesumarlo per eventi benefici o poco altro, e dall’annuncio di reunion fino all’uscita di questo terzo album sono passati ben tre anni.
Se la vecchia line-up ha visto la presenza di Sean Lennon, l’elenco delle collaborazioni di questo ritorno non sfigura rispetto al passato con ben due membri degli amici Wilco a dare il proprio contributo, Nels Cline alla chitarra e al basso e Glenn Kotche alla batteria. Ma che volete di più da un quartetto di questo genere, se non la guerra, la guerra più totaleeeeeeee.
Hotel Valentine arriva alla distribuzione il giorno di San Valentino e questo non vuole naturalmente essere un caso: alla stampa è stato annunciato come un concept album su un hotel di New York dove si intrecciano surreali storie d’amore, storie scoperecce e fantasmi, personaggi tratteggiati con ironia e schietta volgarità (fa sorridere l’uso costante e disinvolto di parolacce), tra un misterioso seduttore che non riesce nell’impresa di conquistare la ragazza fantasma del decimo piano, una cameriera che sequestra a scopo personale le droghe dei clienti e si arricchisce a loro spese (“He made a big stain, but it wasn’t Chianti, closed my eyes, I took your weed, got high!“) e le motherfucking lamentele per lo scarso servizio in camera.

Check In è la naturale accoglienza all’hotel: un’accoglienza al fulmicotone che non fa spazio per introduzioni moderate nè lascia tempo all’ignaro ascoltatore di ambientarsi con calma. Le atmosfere trip-hop del primo brano non durano lo spazio di un’altra canzone: aperta da sample di archi dal sapore retro arriva Déjà Vu. Le Cibo Matto offrono subito una delle migliori prove del cd altalenandosi fra momenti goth-synth-pop e un smoothness R&B da manuale con tanto di sensuale ritornello e strofe rappate. Ancora hip hop per MFN e Housekeeping che vedono la partecipazione alle vocals del comico e musicista Reggie Watts. Da segnalare il video di MFN, trash e autoironico, dai colori brillantissimi e  fluorescenti e dagli effetti terribilmente anni ’90, con immagini che sembrano brutte .gif, di quel genere che spopola su certi tumblr dal dubbio gusto estetico.
A metà tra pop dell’Estremo Oriente e anni ’80 occidentali le ritmiche di 10th Fl. Ghost Girl, che una sapiente collaborazione di batteria, synth bass e sax rende questa la “stanza da ballo” dell’hotel.
Per la title track si riprende il trip hop degli esordi ma arricchendolo di sfumature lounge con il sassofono e vocalizzi eterei, per un risultato ispiratissimo e vicino a quel capolavoro senza tempo che è Maxinquaye di Tricky.
Hotel Valentine si apre con il trip hop e si chiude con il dream pop di Check Out, non senza lasciarci uscire dalla porta senza una certa malinconia per le atmosfere surreali nelle quali abbiamo vissuto per l’ultima mezz’ora. Basti questo a dare la misura della varietà offerta in sole dieci tracce, vero manifesto della matura ecletticità raggiunta da Honda e Hatori.
Eccellente e inaspettato ritorno per un gruppo che dimostra una vena artistica invidiabile e di non avere perso un grammo dello smalto di una volta. Per chi non le ha mai ascoltate, Hotel Valentine può diventare il punto di partenza dal quale iniziare a scoprire a ritroso una discografia limitata nella quantità ma ricchissima di qualità.

Di Hotel Valentine ovvero dell’arte di ritornare sulla scena dopo quindici anni e fare finta di esserci sempre stati. E farlo con uno stile invidiabile.

Recommended tracks: MFN, 10th Fl. Ghost Girl