Hello darkness, my old friend. Queste sono le prime parole dei Chromatics a 7 anni dall’ultimo album, quell’irripetibile Kill For Love che ha cambiato la scena synthwave. L’opening appartiene ad un altro mondo, proprio come quello cantato da Simon & Granfunkel nella cover che apre Closer To Grey, album numero VII della band di Johnny Jewel e Ruth Radelet. Almeno formalmente il n.VII, perché di fatto siamo ancora al sesto. E la mente non può che andare a Dear Tommy (n. VI), ormai entrato nella letteratura della musica in veste di Godot che nessuno ha mai visto né sentito e che alla fine è stato coperto, come i tatuaggi brutti, da un altro tatuaggio.

Closer To Grey inizia quindi con una cover. L’Idea è coerente sia perché il suo irripetibile predecessore iniziava alla stessa maniera (con quella di Neil Young), sia perché i Chromatics hanno fatto delle cover uno dei loro marchi di fabbrica (Cindy LauperKate Bush e molti molti altri). Tuttavia, in questo specifico caso non riescono ad esprimere tutte le loro qualità di re-interpreti. Questa versione è infatti una sottospecie di monade fuori contesto, come se l’intro in realtà non fosse un vero intro, ma solo un improvvisato titolo di testa, la cui pochezza viene confermata che anche dal rumore di puntina su disco che “faceva tanto figo 30 anni fa“. Cosa che non accade, viceversa, con la seconda cover dell’album, On The Wall, che seppur sintetizzata nelle forme canoniche di Italians Do It Better si inserisce con con coerenza con tutti i suoi otto minuti in Closer To Grey senza snaturare l’originale dei Jesus And Mary Chain.

Nelle intenzioni l’album è un film. L’artwork è un inequivocabile rimando alla filmografia dell’orrore italiana, con il rosso di Mario Bava, compendio del gioco di specchi che rappresenta il climax di Profondo Rosso di Dario Argento. E come nei film ci sono segmenti e scene che la band si affretta ad indirizzare ad un mature audiences.

La prima parte, per vero, è uno scialbo electro pop in 4/4, energico ma anche sorprendentemente banalotto. Non c’è nulla in questa sezione che lasci veramente il segno, né gli elementi a percussione che s’inseriscono lentamente in You’re No Good, né le forzature di Twist The Knife. Unica eccezione: la title track Closer To Grey, che infatti avrebbe dovuto far parte di Dear Tommy e che ora, suo malgrado, si trova nel mezzo di un brutto impiccio che svilisce anche quel “nothing lasts forever” che, al contrario, dovrebbe rappresentare il fil rouge di tutto il lavoro. Fine prima parte. E a questo punto i cinefili con i vestiti a tema e le magliette di Lynch e i poster ed il vinile aerografato vorrebbero abbandonare la sala.

Inizio seconda parte, ovvero quella della pazienza e della fiducia: dall’armonia spettrale di Light As A Feather (che ripropone in un trip di doppie voci il mantra “nothing lasts forever” di cui sopra) in avanti, l’album viene completamente stravolto.

I brani che seguono sono tanti momenti onirici sincopati con i quali i Chromatics intrattengono (qui per davvero) un pubblico adulto fanatico dei film noir impegnati, tipo quelli che si guardano con le mani giunte, le dita sotto il mento a formare un triangolo e gli occhi a fessura, indice chiarissimo di un cervello fumante che cerca di analizzare tutte le sfumature. Stiamo entrando nella parte più forte di tutto l’album, con i brani in continua progressione legati tra loro da alcune varianti alla pedaliera. In questo momento centrale della pellicola per adulti vediamo la maturazione stilistica di una band e lo sprigionarsi di tutte influenze che hanno subito in questo ultimo biennio tra film scoring e set cinematografici. Specialmente in Light As A Feather e Touch Red il mood è molto più melodico, ma anche più rumoroso rispetto al passato. Ampie distorsioni ed una base trip hop rappresentano novità sperimentali messe lì ad enfatizzare un concept che tende all’esasperazione ma che suona sempre raffinato. Nel mezzo Move A Mountain, drammatica e melodica brezza autunnale tra le migliori tracce dell’album.

Contraddizioni ed antinomie apparenti portate in alcuni casi anche nelle liriche. (da Touch Red):

Touch red, you’re cold as ice
Touch blue, the taste of water
Touch red, inside your eyes
Touch blue, the world needs color

La seconda parte si chiude con un’incantevole Through The Looking Glass che con le sue molteplici connessioni con Julee Cruise sembra uscita direttamente dalla colonna sonora di Twin Peaks. Sul finire dell’album, prima dei titoli di coda con una monotona Wishing Well, c’è spazio anche per il pavor nocturnus di Whispers In The All e per Love Theme From Closer To Grey, reprise strumentale di Light As A Feather, insomma il classico esercizio di stile della band che negli anni ha portato fino a sette le versioni di questo o quel brano (vedi Shadow o la cover di Girls Just Wanna Have Fun).

Closer To Grey, l’album numero VII solo formalmente perché di fatto è il sesto, è una profezia. Nonostante il rosso in evidenza sul manifesto, l’album è freddo e malinconico ed anche quando vorrebbe proteggere e scaldare, al contrario, ha l’effetto di una doccia gelida. È un film de-saturato illuminato esclusivamente dalla luce grigia dei pomeriggi invernali che parla di solitudine e di abbandono e che rimane, proprio per questo motivo, senza la sua metà più dolce.