Parlare di Christopher Owens, senza dar vita a comparazioni con i Girls, sembra quanto mai impensabile. Lo so io, lo sanno tutti. E probabilmente lo sa lo stesso Christopher Owens che, dopo Lysandre, suo debut da solista, si appresta a dare un’ulteriore prova delle sue capacità con il sophomore A New Testament.
Il fantasma dei Girls è nascosto guardingo, lì dietro, nel suo passato, che poi tanto passato non è. Al contrario, è più vicino di quanto si possa pensare.

Ad un primo, rapido e poco impegnato ascolto del nuovo disco, appare subito evidente un elemento: il tentativo, a tratti riuscito, di tornare alle origini, riabbracciando tematiche, ma soprattutto sonorità, più vicine ai Girls che a Chris Owens solista, come l’abbiamo conosciuto con Lysandre.
Se Lysandre ha rappresentato una sorta di fuga dalla opprimente realtà dal suo ex-gruppo, A New Testament rappresenta l’esatto opposto, un riavvicinamento a quella stessa realtà, che tanto ha dato. Sia ad Owens, in termini di formazione professionale, sia a noi, in quanto ascoltatori.
Già il titolo dell’album – A New Testament – è un fattore non di poco conto: da una parte, è un chiarissimo riferimento alla fede cristiana che l’ha accompagnato nel corso degli anni, soprattutto da bambino, quando era membro dei COG e la sua vita era, a tutti gli effetti, casa e chiesa; dall’altro, invece, secondo un’interpretazione più estesa, è proprio il segnale di questa sua volontà di riscrivere il suo passato, di ripercorrerlo, di lasciarci ascoltare, appunto, un nuovo testamento. Una vita travagliata, la sua, al di là del discorso prettamente musicale; una vita di eccessi e depressione, droghe e sregolatezza, dolori e gioie, ma anche tanti sentimenti, tanta purezza, sempre raccontata all’interno dei suoi dischi. E potremmo dire che A New Testament sia stato pensato proprio per raccogliere tutta la sua vita.

Ad un secondo e più attento ascolto, invece, tutto appare più chiaro. Troviamo tante sfumature, sia tipiche dei Girls, quanto dell’Owens di Lysandre: si va dal country all’R&B, passando per quel classic rock rivisitato che tanto ci ha fatto amare Father, Son, Holy Ghost, ricco di organi e cori gospel, che esplodono vibrano nell’aria, ma caratterizzato da sfumature cantautorali che, chiaramente, ritroviamo in Lysandre. L’opening track, My Troubled Heart, dedicata a Peggy Olson, personaggio di Mad Men, è forse l’emblema del disco, sia musicalmente – un forte mix di country e gospel – sia tematicamente. A proposito proprio di questo brano, Owens ha rilasciato alcune dichiarazioni, raccontando l’origine del testo:

I was watching Mad Men a few years ago and at the end of one of the episodes there’s this priest, Father Gill. He’s young, white, happy, he’s the Father of a Catholic church. He’s set up, he’s doing OK. He’s in control and he’s confident. He gets home from a day of doing ‘priest stuff’ and he takes off his little white collar and jacket. And he picks up a guitar and starts to sing this traditional, spiritual song. The song is about his days being hard but when it’s over, he gives his burdens to God and everything’s OK. I was like, “That’s great that he has that but what is so difficult in his life, anyway? Peggy Olsen works in a male dominated office, people are downright rude, she has this strict Catholic mother and sister who are always nagging at her, she’s single and she had to have her baby alone in a hospital because she didn’t even know she was pregnant. She’s got a lot of troubles! She doesn’t have a song like this to sing because she’s not religious. She’s somebody who really needs a song like that, so I started thinking, what would she sing? What would you sing if you weren’t at the end of the day giving your troubles to God, you were just learning how to deal with your problems on your own?

My Troubled Heart is Peggy Olsen’s version of this song.”

Quest’influenza religiosa non si esaurisce di certo qui, dato che appare evidente in It Comes Back To You, che suona come un invito ad amare il prossimo, sempre caratterizzato da fortissime venature gospel e da organi sempre più prepotenti, e appare evidente anche in Stephen (uno dei primi estratti), dedicata a suo fratello, morto di polmonite a soli due anni, prima ancora che Chris potesse nascere. Un brano davvero toccante, che ci dipinge la triste situazione in cui la sua famiglia si è ritrovata. Un brano che, se non fosse su questo disco, potrebbe benissimo essere suonato  di domenica nelle chiese americane (Just like an angel / He flew away  / Gone from this World / At two years of age / A beautiful baby was here like a dove / Took his heart, all mama’s love).

Nobody’s Business
, A Heart Akin The Wind e Key To My Heart (quest’ultima una vecchia conoscenza) sono poi brani tipicamente country, semplicemente piacevoli e leggeri, con sonorità molto più serene e spensierate, ma che di certo non verranno ricordati dai posteri come pilastri della musica contemporanea, ecco.
Brani che invece meritano di essere ascoltati e apprezzati, sono invece Never Wanna See That Look Again e Nothing More Than Everything To Me, entrambi estratti in anticipazione dell’uscita del disco, assieme a Stephen. Molto ascoltabili e scorrevoli, che più degli altri brani rappresentano un tentativo di ritorno ai Girls di Alex e My Ma. Overcoming Me e Oh My Love – anche quest’ultima già eseguita qualche anno fa, in tempi non sospetti – sono tracce più introspettive e riflessive, con testi già conosciuti, già letti, tipicamente à la Owens, dal momento che raccontano di rapporti controversi e amori finiti (o quasi).

Non è un caso, poi, che il disco si concluda con I Just Can’t Live Without You (But I’m Still Alive), che dimostra tutte le volontà di Christopher: andare avanti, continuare per la sua strada, nonostante tutto, nonostante tutti e nonostante manchi qualcosa, o qualcuno. Un brano che potrebbe essere benissimo contenuto nell’EP Broken Dreams Club, sia per la sua semplicità ed essenzialità musicale – due chitarre, una batteria e il basso – sia per il testo (You’re still in my heart / Maybe that’s why It’s beating / Though I wish you would be leaving / ‘Cause you’re tearing me up). Un’ottima scelta per la chiusura del disco.

In definitiva, A New Testament è, almeno nell’essenza, un progetto nobile e interessante, ricco di spunti e tematiche. Diversa cosa, però, è la sua realizzazione, il suo risultato: un disco ascoltabile, fluido, piacevole, sì, ma che manca di un quid, che nei Girls non mancava mai. A parte pochi brani davvero validi, non è nulla di eccezionale, nulla che non sia già stato sentito. A differenza dei Girls, invece, che erano tutto fuorché banali.
Parlare di Christopher Owens, senza dar vita a comparazioni con i Girls, sembra quanto mai impensabile. Lo so io, lo sanno tutti. E probabilmente lo sa lo stesso Christopher Owens (che in questa comparazione arriverà sempre secondo).

Tracce Consigliate: Never Wanna See That Look Again, Nothing More Than Everything To Me.