Christophe Chassol è un compositore francese, entrato al conservatorio a 4 anni e uscitone 16 anni dopo, dopo aver pure vinto una borsa di studio per il Berklee College of Music (da cui è venuto fuori Keith Jarrett come anche Quincy Jones e Thomas Pridgen, per dire). Ottimo pianista e arrangiatore, dal 1994 al 2002 ha fatto il direttore d’orchestra, poi è stato requisito dai Phoenix e da Sebastien Tellier per girare in tour e registrare. Le sue collaborazioni di quegli anni sono numerose, ma solo dal 2011 ha iniziato ad incidere per conto proprio, ed è proprio dal 2011 che le cose si fanno interessanti. Chassol infatti si è inventato un genere musicale tutto suo, che chiama «ultrascore».

Chassol per il suo ultrascore fa così: prende un pezzo di mondo, lo osserva – con le orecchie, da buon musicista –, lo registra, lo reitera. Poi lo riformula e ne parla utilizzando la musica, liberando la musicalità intrinseca di ogni frammento, ampliandola. Sembra una cosa più freak che effettivamente interessante, ma vi posso assicurare che non è così e all’ascolto si resta sorpresi. Per Big Sun Chassol isola parti di suoni, rumori, voci, dell’isola di Martinica nelle Antille; poi ci suona sopra il pianoforte, senza coprire bensì accompagnando, per «harmoniser le réel». È volato alle Antille e insieme alla filmmaker Marie France Barrier e al tecnico del suono Johann Levasseur ha filmato il carnevale, parlato con la gente, messo un microfono tra gli alberi e ascoltato flora e fauna; queste registrazioni sul campo sono state la base delle composizioni. Una sorta di evoluzione della musique concréte per rendere verticale (quindi armonico) ciò che è orizzontale (melodico) e, insieme, una riflessione postmoderna sulla Martinica.

Non è usuale occuparsi della terza parte di una trilogia senza coprire le precedenti. Big Sun arriva terzo dopo i due precedenti lavori di Chassol creati con la tecnica dell’ultrascore: del 2011 è X-Pianos che raccoglie composizioni dagli anni precedenti e si concentra sulla popolazione creola di New Orleans; poi c’è Indiamore che recupera schegge sonore provenienti da Calcutta e Varanasi; a marzo di quest’anno è uscito Big Sun, che per riuscita effettiva ed accessibilità è lavoro esemplare.

Le tracce sono tante (27) e di breve durata, ma il disco va per più di un’ora; «Capitano Nemo su un Fender Rhodes» Chassol – così lo si chiama sul suo sito – divide, spezzetta la realtà di Martinica per restituirla meglio, più tonda e totale, ospite (in entrambi i sensi) e non intruso. Dopo una breve intro in cui il concetto di armonizzare il reale si dispiega su delle parole umane, registrate e mandate in loop, arrivano le tracce Birds che diventano ornitologiche, in una maniera che sembra fare l’occhiolino a Messiaen (francese anche lui, ovvio) e Chassol armonizza infatti il canto degli uccelli; poi il compositore ascolta il cantante Pipo Gertrude che imita il canto degli uccelli dell’isola (infatti: Pipornithology) e armonizza anche lui: natura e uomo si confondono tra di loro e con la giustapposizione ritmica di Chassol, uscendone pieni come non mai. Alle tastiere che imitano la realtà si aggiungono batteria, basso, flauto, in un tempo che sembra proprio della materia prima (la registrazione) tanto la accompagna naturalmente. Ad un certo punto appare come un tema alla fine della terza parte di Dominos, che resta in testa e non si scolla più, anche perché viene ripreso più avanti subdolamente e in maniera più manifesta in La route de la Trace, il momento più pop di tutto Big Sun. Continuando la musica si apre e si chiude dando comunque una notevole impressione di continuità, passando per pezzi cantati da rapper locali come Samak a dittici come quelli di Les masques e Les sonorites che giocano sulla reiterazione di un discorso parlato sopra il quale Chassol suona il piano, fino ad arrivare alla delicata chiusa di Generique Big Sun.

Big Sun, pur essendo un disco dalla connotazione geografica forte, sembra più un disco di confini, e anche abbastanza labili: non si capisce dove inizino la classica, la world music, l’elettronica dei sintetizzatori e dei campionamenti, il jazz, il soul, il funk. Tutto si fonde nei rumori della Martinica e allo stesso tempo ne rispunta fuori armonico, giocoso, in un’antropofagia culturale che ricorda – negli ideali più che nei meccanismi – quella della tropicalia brasiliana degli anni ’60, di Caetano Veloso e Gilberto Gil.

O forse è solo una questione di ricordare in maniera differente: c’è chi crea la propria memoria tramite immagini, chi tramite gli odori e chi tramite suoni. Chassol fa parte di quest’ultimo gruppo: prende tutta l’esperienza sonora che può interessare una parte di mondo limitata e la amplia, la espande con gentilezza, la fa provare a tutti. Mentre nei lavori precedenti il processo dell’ultrascore dopo un po’ diventava stucchevole, in Big Sun la musicalità scorre fluida e il lavoro non sembra un esperimento da completare, anzi si sviluppa con naturalezza ed equilibrio, risultando più accessibile e insieme più raffinato e moderno dei predecessori. Un gioiellino.

Tracce consigliate: La route de la Trace, Pipornithology, Pt. II