Premessa, c’erano almeno altri due modi in cui avrei potuto scrivere questa recensione: con parole a caso in cui infilare dei generi inventati sul momento oppure provando a descrivere quello che succede in ogni traccia con eufemismi e iperboli e chiosare su quanto questa roba non verrà capita in Italia, che è più o meno quello che ho letto di Gonzo fino ad ora. Io preferisco usare un altro metodo, che è quello di scrivere le cose in ordine, con tutti i punti e le virgole, periodi di lunghezza normale, in italiano insomma.
Capibara aka Luca Albino, romano, un ep e un disco alle spalle, co-fondatore di un’etichetta (la White Forest) vicina ai nomi più interessanti dell’elettronica in Italia, ha da poco rilasciato un altro lavoro, questo Gonzo, che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe voler suonare spensierato e far ballare molto, e ci riesce. Il disco si scontra invece con dei grossi problemi a livello di interesse nell’ascolto, ri-ascolto e (in mancanza di altri termini) ignoranza.

Gonzo è un disco tamarro, che sia chiaro. Quando prova a respirare un attimo e allontanarsi dai fischietti, dai versi pitchati, dalla ripetizione ossessiva, dai suoni striduli fallisce totalmente, scade nella cantilena, annoia presto. Forse per questo il disco è composto principalmente da bassi ignoranti, batterie pseudo tribali, maracas, altri fischietti (CCCP). Le tracce sono piene di suoni, e con pieno non si intende questo, ma che la risposta a che cosa attacca adesso? è  la prima cosa che mi viene in mente.
Gonzo è un disco noioso. Lo so che ho appena detto che diventa noioso quando si ferma o rallenta e che questo non avviene quasi mai, ma davvero si può andare avanti un’ora (59 minuti, ok) con le stesse due idee? Piccolo spoiler: no.

Tagliare l’album di una buona metà tenendo i pezzi con i sample migliori avrebbe sicuramente giovato all’insieme, così come eliminare le collaborazioni (eccetto Grovekingsley). Anche inserire come penultima la traccia più lunga, più calma e che meno ha a che fare col disco non è esattamente una gran mossa.
Gonzo non è niente di nuovo. Se si escludono cose come Septum (lei c’ha quel septum, septum, tum, tum, tum x3) e Bakano, che mi ha lasciato senza parole, il resto potrebbe venire dalla mia home di SoundCloud con tag tipo #future #420 #bass – e capisco che potrei non essere del tutto innocente per questa cosa. Quello che intendo è che se quello che fai è identico a quello che fanno altri centomila ragazzi in tutto il mondo con dieci/ventimila views a traccia, non ti sei spostato di molto dall’amatorialità.

Capibara ci regala (nel vero senso del termine, Gonzo è in freedownload) un disco idiosincratico, sbilenco, post-goth-dancehall. Se preferite, mediocre.

Traccia consigliata: Caracalla