Mai più ci sveglieremo la mattina pensando: “Chi sono io? Qual è lo scopo della mia vita? Dal punto di vista cosmico ha veramente importanza se non mi alzo per andare a lavorare?”. Non avremo più questi problemi perchè oggi finalmente sapremo una volta per tutte la chiara, semplice Risposta a tutte le seccanti domande sulla Vita, l’Universo e Tutto!
(Douglas AdamsGuida Galattica per gli Autostoppisti)

Ciò che più si apprezza del terzo lavoro in studio degli Austra è di certo la capacità di utilizzare coerentemente la grammatica del synth pop per esplicitare un preciso sostrato concettuale, che muove da alcune riflessioni politiche e sociali che negli ultimi tempi hanno tenuto impegnata Katie Stelmanis, mente e frontwoman della formazione canadese.

La recente teoria dell’Accelerazionismo sostiene che una società post-capitalista sia possibile mediante quelle stesse tecnologie di cui il capitalismo attualmente si nutre. Secondo i suoi promotori la chiave per svincolarsi dal sistema su cui si regge l’economia mondiale – un meccanismo in cui al fine della sopravvivenza è necessario lavorare – è da ricercarsi oltre l’utopia di un reddito di base universale, allontanandosi dalle idee anti-progresso tipiche della sinistra radicale e sfruttando le tecnologie esistenti in modo che siano utili alle persone.
Nel mondo della narrativa di fantascienza qualcuno si pose una questione simile sin dalla fine degli anni ’70, ma il ricorso all’espediente umoristico da parte di Adams è un’amara dichiarazione di sconfitta. Al ventisettesimo capitolo della Guida Galattica per gli Autostoppisti, dopo una elaborazione durata sette milioni e mezzo di anni la “risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto” che il supercomputer Pensiero Profondo riesce a fornire è “Quarantadue”. Davanti alla sconcertata perplessità della folla che assiste a tale rivelazione, il cervellone elettronico aggiunge: “Credo che, se devo essere franco, il problema stia nel fatto che voi non avete mai realmente saputo quale fosse la domanda.” D’altro avviso è la Stelmain: in Future Politics, Deep Thought – poco più di un minuto e mezzo di futuristico mood gitano – prende il nome dal fallimentare esperimento di Pensiero Profondo per introdurre la traccia conclusiva del disco, che si intitola 43, a suggerire una via d’uscita all’impasse del grottesco scenario fantapolitico in cui il romanzo resterà impantanato.

Dopo i primi provvedimenti dei nuovi vicini, i canadesi sono un po’ preoccupati e ognuno fa quel che può: il premier twitta invitando gli immigrati statunitensi a trasferirsi dalla parte opposta dei Grandi Laghi, alcuni cittadini organizzano una sparatoria domenicale alla moschea di Quebec City e gli Austra ricorrono allo scintillio dei loro ritmi elettro pop per dire la propria – sebbene la Stelmanis e i Suoi riescano perfettamente ad esprimere il proprio dissenso nei confronti di Washington anche mediante comunicazione non verbale (vedi allegato fotografico).

Hey D.C.

Pubblicato da Austra su Sabato 28 gennaio 2017

Che la release di Future Politics sia avvenuta il giorno dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca non è propriamente un caso fortuito. Un futuro distopico si profila all’orizzonte delle sue undici tracce: se è vero che il terrore è fondato, è vero anche che durante l’ascolto l’angoscia si traduce in un’esortazione a reagire. Doctor, what’s the cure for apathy?: prima di snocciolare le possibili risposte coi ritmi sostenuti nelle tracce seguenti, il mood sommesso di We Were Alive è una doverosa premessa, e qui come altrove è il vibrare virtuoso delle corde di Katie il più convincente dei mezzi, eloquente nella dilatazione dei refrain ossessivi.
Il manifesto dell’Accelerazionismo impone che la rivoluzione passi per la tecnologia, e così sia: l’apparato sonoro artificiale di Future Politics è tutto figlio delle possibilità del suo tempo, anche se il grosso delle materie prime viene dagli ultimi due decenni del secolo scorso. Strutture vocali labili, prossime all’improvvisazione, si sovrappongono alle trame sintetiche minimal di una IDM che modulando layer e volumi gioca a ingentilire dinamiche dance di stampo anni ’90, urgente nei beat puliti di Utopia e torbida nei riverberi I’m a Monster. I Love You More Than You Love Yourself è un salto nel 1984 dei Talk Talk e dei Bronski Beat, la più sorniona e radiofonica del lotto.
L’ascolto procede per variazioni sul tema che però non si rivelano mai troppo audaci. A condurre provvede il timbro della Stelmanis, che evoca alcuni tra i più riconoscibili nel panorama internazionale (negli episodi più squillanti come la title track e la stessa I Love You More… è quello di Florence Welch). Tra i gorgheggi lisergici di Angel in Your Eye sembra di scorgere una Joanna Newsom convertita al culto del sintetizzatore. Come una giovane Björk, Katie volge lo sguardo dall’alienazione dell’uomo alle problematiche ambientali, e accompagnata da ronzii new wave in Gaia evoca lo spirito primordiale della Madre Terra. La lascivia del mellifluo midtempo di Beyond a Mortal lampeggia a tinte tenui su bisbigli che hanno l’aria di essere una iniziazione. L’atmosfera chillout si espande fino al termine dell’album, tra il drumming ovattato e le interferenze acide di 43.

Qualche sorpresa in più non avrebbe guastato, ma tutto sommato l’abilità nel destrutturare elegantemente gli elementi di stampo dance pop per coniugarli in maniera organica al dedalo dei suoi temi fa di Future Politics un lavoro più che apprezzabile.

Tracce consigliate: Beyond a Mortal, 43