Gli ultimi due anni non devono essere stati semplici per Anaïs Oluwatoyin Estelle Marinho, meglio conosciuta come Arlo Parks: in brevissimo tempo e con una manciata di singoli rilasciati, è passata dall’essere una perfetta sconosciuta ad avere appiccicata sulla schiena l’etichetta di Voce di una Generazione. E non poteva essere altrimenti, se scegli di chiamare il tuo primo EP Super Sad Generation: un pugno di brani che, anche grazie agli apprezzamenti di colleghe del calibro di Billie Eilish, Phoebe Bridgers e Angel Olsen, ha portato Arlo ad essere considerata una delle artiste emergenti più interessanti nel Regno Unito.

Innegabile, di conseguenza, che Collapsed in Sunbeams, il cui titolo è un riferimento al romanzo Della bellezza di Zadie Smith, portasse con sé un carico di aspettative non da poco: scritto nell’intimità delle mura di casa o di un Airbnb in affitto, il debutto è frutto del lavoro dell’artista londinese con il produttore di origini italiane Gianluca Buccellati e riprende tutto ciò che abbiamo conosciuto e apprezzato di questa ragazza di 20 anni nell’ultimo biennio.

Il risultato è un disco che fa proprio dell’intimità il suo punto di forza: le canzoni sono piccoli frammenti personali che escono dalle pagine degli appunti scritti nella propria cameretta e prendono vita. In queste storie si osserva una particolare cura dei dettagli, quasi come se stessimo leggendo un romanzo. Abbiamo, per esempio, il racconto del litigio di una coppia di sconosciuti a Oxford Street nel pop-rock di fine anni ‘90/inizio anni ’00 di Caroline, brano che sarebbe stato benissimo in Life for Rent di Dido. E ancora, l’eccesso di trucco che rende gli occhi di un’amica che lotta con la depressione come quelli di Robert Smith in Black Dog o la struggente storia di un amore non corrisposto in Eugene tra un riferimento a Taco Bell e uno a Sylvia Plath. Lo storytelling richiama a lavori legati più all’ambiente hip-hop, ma per tutto l’album si sente forte la passione dell’artista per la letteratura e per la poesia (la stessa Parks nasce poetessa) come nei 55 secondi della title-track e nello spoken-word sul finale di Hurt.

Musicalmente, le influenze sono tra le più disparate: gli arrangiamenti – oltre al già citato pop-rock a cavallo del millennio – oscillano tra il nu-soul e il trip-hop di portisheadiana memoria, arrivando talvolta persino dalle parti di quel minimalismo che aveva caratterizzato le prime produzioni degli xx. Il timbro delicato e l’accento spiccatamente british, poi, ci fanno pensare che in realtà Arlo Parks sia stata posseduta dal fantasma di Lily Allen (Too Good). In generale, per 40 minuti respiriamo un’aria differente: non ci troviamo più nella nostra casa di provincia, ma si ha quasi la sensazione di perdersi tra le vie e i mercati londinesi.

Non è tutto oro quello che luccica perché purtroppo Collapsed in Sunbeams è un lavoro tutt’altro che perfetto. Il disco infatti pecca spesso di ripetitività: il motore va su di giri soprattutto nella seconda metà, ma il cambio di marcia non avviene mai. La formula rimane pressoché inalterata lungo le 12 tracce e, anche quando si tenta di apportare piccole variazioni, i brani (come Just Go, Blush, Portra 400) risultano senza mordente e non aggiungono nulla di più rispetto a ciò che abbiamo ascoltato in precedenza. Peccati veniali che non rovinano di certo l’ascolto, ma che – se evitati – avrebbero reso questo disco un grande disco.

È troppo presto per dire se Arlo Parks sarà la Voce di una Generazione, anche se il tempo è sicuramente dalla sua parte. Nonostante alcuni passaggi a vuoto, Collapsed in Sunbeams riesce a raccontare con una maturità invidiabile cosa voglia dire essere una ragazza di 20 anni nella Londra di oggi. Senza bisogno di appiccicare etichette.

Tracce consigliate: Caroline, Black Dog