Il dovere morale che l’essere umano si è imposto, di migliorarsi attraverso la nuova arte tecnologica cercando di rendersi perfetto fisicamente e cognitivamente, ci pone tanti quesiti. Ci dividiamo tra chi vorrebbe riabbracciare la cultura classica (perché, d’altronde tutto ciò che si avvicina al classicismo nell’arte sembrava essere perfetto e più semplice) e la scoperta del progresso, che ci sta convincendo di essere capace di eliminare aspetti non desiderati e non necessari della condizione umana. La sofferenza, la malattia, l’invecchiamento e persino l’essere mortali potrebbero essere superati prima o poi.

L’ultima opera dall’artista Frederik Heyman per Arca, la Venere di Milo del video di Nonbinary, riesce a essere sia estremo, sia limitazione della forma umana 2.0. Una delle personificazioni più perfette della cultura pittorica umana riportata nel reale, finalmente esistente ma limitata nei suoi tubi, cavi e fili, è rappresentazione visuale dell’ultimo prodotto musicale di Arca, al secolo Alejandra Ghersi.

KiCk i sa di cultura pop come nessun altro prodotto dell’artista pubblicato fino ad oggi e la scelta sembra essere stata azzeccata: il disco infatti ha ricevuto elogi da praticamente da chiunque – pubblico e critica. Dietro tutta questa esposizione c’è la creazione di un universo lontano, idealmente perfetto, che vorrebbe avvicinarsi alla nostra realtà, immersa in uno dei suoi periodi più cupi. Ad un passo dall’avvenire del trans-umanesimo, se questo lavoro è stato così tanto spinto è anche perché è il primo della discografia dell’artista ad avere il desiderio di narrare questa possibile perfezione umana, allontanandosi dal mondo per com’è realmente.

Se i primi dischi dell’artista vi sono rimasti impressi come dissocianti, complicati e richiedenti di attenzioni e impegno, KiCk i potrebbe essere il primo tra i lavori a chiedervi meno attenzioni.
C’è infatti una novità importante: la sperimentazione spinta all’estremo non c’è più. Musicalmente ci si è esposti verso un sentiero più facile. Giustamente, seguendo l’intento di andare incontro ad un pubblico più vasto, dobbiamo essere coscienti che stiamo parlando di un artista diversa da quella che conoscevamo.

KiCk i è quindi il pop re-inventato da Arca nella sua forma più ottimale, ma è un disco di Arca per come la conoscevamo prima? No, non lo è, ma rimane qualcosa di altrettanto bello e profondo. Profondo come le essenze più melodiche, ed ora evolute, del precedente disco: Arca, che qui si ripresentano nell’ amor-centrica Calor, una ballata progressiva che sfocia, appunto, nel cantato lirico. Dello stesso filone è la chiusura No Queda Nada, strappalacrime e melanconica, che racconta il processo dell’innamoramento.

No queda nada en mí que no hayas tocado tú
No queda nada que no sea tuyo
Sólo te vi esperándome
Con esa cara tan tierna, lento
No queda nada en mí

Tra le poche parole presenti nella discografia di Arca, sentire parlare di un senso di completezza e gratitudine per qualcuno dopo tanta angoscia sonora fa quasi male al cuore.

Di una certa speranza rimane anche Time, pronto a smontare la tensione di Nonbinary, che racconta l’accettazione della propria persona e la ricerca di un’identità in un contesto synth-pop, che parrebbe aver preso spunto da Madonna.
Opposti sono alcuni momenti nella latina Mequetrefe. Altisonante, il brano si divide tra un crescendo orgoglioso nella gioia del cambio di sesso, spezzato in brevi momenti dai glitch che si rapportano alla paura continua del transicidio. Non fatevi spaventare dall’apertura del brano che può disapprovare molti, l’evoluzione che compie merita un ascolto sensato. La sperimentazione infatti la si trova poi con la dancehall latino-americana nel featuring più popolare: KLK, con Rosalía. KLK insieme ad Afterwards con Björk, sono le produzioni che passano più inosservate. Seppure KLK si meriti la toppa per stravaganza, Afterwards pare un brano preso dal disco di Björk che poco eccelle nel contesto.
Appunto i cavi e fili nella rappresentazione di questa nuova Venere.

Il disco ha comunque altri interessanti momenti. Ad esempio le apocalittiche e sudate Watch e Rip the Slit sono un ritorno di fiamma verso i primi lavori, ma in un contesto da club nel quale i devianti beat continuamente collidono tra loro, mutando in forma e progresso. Segue la Chiqui, una collaborazione con SOPHIE che torna ai glitch andati persi con Mequetrefe, questa volta mantenuti dai cantati che si spartiscono il brano perdendosi e ritrovandosi in una perfettamente strutturata canzone.

Infine, rimane la bellissima Machote, riadattamento di Quiero una Chica del duo pop colombiano Latin Dreams Contemporanea, sensibile e cangiante, conduce l’ascoltatore verso una chiusura sensata del disco.

Per quanto Arca sia riuscita a prendere tutti all’amo ed abbia intrapreso una strada che pochi si sarebbero aspettati anni fa, ciò che è riuscita a creare con KiCk i è un prodotto perfetto per l’intento, sempre sperando che i gusti e le scelte vengano capiti a fondo. Tecnofobia permettendo.

Tracce consigliate: Machote, Calor