Debutto sulla lunga distanza per la rapper di Detroit, Dirty Gold si dimostra un album composto da due facce che ne compromettono la solidità. Angel Haze ha infatti deciso di aprire l’album con quelli che potrebbero essere i maggiori successi commerciali composti da interessanti e tecnici flow poi sminuiti da una abbastanza prevedibile vena pop- EDM. Basta ad esempio ascoltare uno dei singoli, Echelon (It’s My Way), traccia che ricorda da vicino una produzione skrillexiana come ci fu per Asap Rocky in Wild For The Night. Anche gli altri pezzi si occupano più del solito problema del “ciao io sono più figa di te spostati” su strumentali non proprio sorprendenti. A Tribe Called Red ha almeno il merito grazie a una cassa carica (un po’ alla POWER di Kanye West) di gasare parecchio. Sono poi indubbie le capacità in quanto a padronanza del flow, musicalità dei versi e velocità – che non si disprezza mai.

Come detto prima da Angels & Airwaves si apre il cuore dell’album, la parte che lo avrebbe elevato un disco degno di particolare attenzione. Viene infatti a galla il lato più emozionale di Angel Haze, formato anche da un passato di abusi tenuto in segreto per parecchio tempo. April’s Fool è uno dei pezzoni di Dirty GoldWhite Lilies/White Lies è invece la traccia con la strofa più lenta e come sonorità e voce si potrebbe dividere il pubblico con artisti molto più chiacchierati come Rihanna. Battle Cry ci riporta tutti seduti – più giovani – di fronte alla tv con MTV e il suo hip-POP di fine 90. Ci s’emoziona un po’ quindi. Tra il duetto piano/chitarra di Planes Fly si entra nel momento elegante in cui tutti i rapper cadono, quel fascino di borghesia a cui non sanno sottrarsi. Crown e New York, praticamente uguali, non giustificano la loro presenza nel disco che avrebbe potuto concludersi con Vinyl.

Sono queste le due facce di Angel Haze, un’apertura d’album d’impatto commerciale che se fosse stata evitata avrebbe fatto fare il salto di qualità grazie a una parte centrale , quella con i pezzi migliori e più emozionale, molto solida. Il risultato è un album bicefalo che per la sua lunghezza rischia di distogliere l’ascoltatore dalle reali qualità della ragazza.
Andrà comunque più che bene come soundtrack delle ghetto bitchez di Quarto Oggiaro. (Quartiere a caso).

Tracce consigliate: Battle Cry