AEROSMITH
MUSIC FROM ANOTHER DIMENSION! – Columbia Records

Devi sapere, caro lettore, che scrivere di musica non è tutto rose e fiori, non è solo spingere artisti che mi/ci vanno a genio o recensire album da 9.0. Di tanto in tanto, scrivere di musica, significa anche dover parlare di dischi di cui nemmeno conoscev(am)o l’esistenza.
Questo ovviamente può portare a nuove e belle scoperte, ma si sa che di musica di merda ne esiste davvero tanta e a volte capita di doversi confrontare con robe che più che album paiono aborti, di quelli che una compilation di rutti magari è più orecchiabile, di quelli che “anche mia nonna che ha 97 anni avrebbe fatto di meglio”, di quelli che altrimenti avremmo scansato manco fossero la peste.
Music From Another Dimension! (no, non ho sbagliato, hanno messo davvero un punto esclamativo alla fine del titolo) degli Aerosmith è, a mio modesto parere, tra questi ultimi.

Se dico Aerosmith, caro lettore, ti verrà sicuramente in mente quella lagna colossale di I Don’t Wanna Miss A Thing che dal lontano 1998 risuona mentre Bruce Willis si sacrifica e fa esplodere un meteorite che altrimenti avrebbe distrutto la Terra.
Se dico Aerosmith magari ti viene anche in mente Steven Tyler, il frontman del gruppo, conosciuto per due cose: la Batcaverna che ha al posto della bocca, e la figlia figa.
Non riuscendo a pensare ad altro mi sono documentato un po’ riguardo il nuovo album: “Music from Another Dimension! è il quindicesimo album in studio della rock band statunitense Aerosmith… Questo sarà il loro primo album in studio dopo Honkin’ on Bobo del 2004 e il primo ad essere caratterizzato interamente da materiale nuovo dopo Just Push Play del 2001”; beh dai magari in 11 anni qualcosa di buono è uscito.
Di sicuro non la copertina, che non ho capito se è un omaggio a Hanno Ucciso L’Uomo Ragno o se fa semplicemente cagare, ma presumo la seconda.
Se poi, caro lettore, avrai il coraggio di girare il disco (il che implicherebbe tu abbia avuto il coraggio di comprarlo, e se davvero l’hai fatto raggiungi Bruce Willis sul meteorite) noterai che stai per ascoltare un album di 15 tracce (di cui alcune raggiungono anche i 7 minuti). Premettendo che non sono di quelli che giudicano un libro dalla copertina o dalla mole, né tanto meno un disco, magari 15 tracce degli Aerosmith potrebbero stancare, dico “magari” eh, la butto lì, in via ipotetica.
Inoltre, riferendosi all’LP, il chitarrista Joe Perry aveva anticipato “It sounds like dinosaurs eating cars” pensando fosse un’affermazione accattivante, ma a me ha seriamente spaventato.

Insomma dopo lo sconforto iniziale e le domande riguardo la scelta masochista della recensione, procedo con l’ascolto.
Di sicuro, caro lettore, avrai presente la scena di Jumanji in cui la casa è allagata e il poliziotto lì fuori sulla veranda viene travolto da un’onda anomala. Ecco, una volta schiacciato play (dopo un’intro parlata davvero inutile), verrai travolto da una marea cacofonica di riff e grida e batterie rimbombanti e cowbell fuori luogo e coretti (di menzione importante quello di Out Go The Lights che testualmente recita “UH, AH UH, YEEEAAA YEEEE” per 4 interminabili minuti). Se pensi che questi elementi ti possano aprire delle ferite ai timpani, aspetta di sentire l’assolo finale che con precisione svizzera piomba alla fine di ogni pezzo e ti fa venire voglia di gridare e di buttarti a terra e pregare che tutto finisca; e poi devi sapere che Tyler è sadico, calca la mano, inizia a lanciare grida dalla Batcaverna e prima ancora che te ne renda conto la tua emicrania si sarà trasformata in convulsioni.
Poi ci sono delle ballad a caso che sono uguali a quella di Bruce Willis e Tyler grida ancora e poi ancora assoli e riff e queste chitarre che se spaccate sui denti sarebbero più piacevoli, e poi ancora batterie e cori e queste strofe cantate in rincorsa in simil-rap intermezzate da altri riff e poi ancora assoli e assoli e riff e assoli e grida e riff e assoli…
Finita la traccia 14 (cantata, come un’altra dell’album, da una voce che non è quella di Tyler ma non so di chi sia e manco m’interessa, tanto fa schifo e grida uguale) davvero si è allo stremo, subentra l’impossibilità psicofisica di sentire assoli e ritornelli urlati per i prossimi 15 anni.
L’agonia si protrae per i 6 minuti finali, un’altra ballad, intitolata Another Last Goodbye, se mai a qualcuno non fosse bastato il primo “arrivederci” e ne volesse un altro, ma a chi dico io, chi ve l’ha chiesto un altro arrivederci, basta, smettetela, fatelo diventare un addio vi scongiuro.

Cari Aerosmith, detto francamente, il 2012 non aveva bisogno di una senile rivisitazione di suoni che già negli anni 70 e 80 facevano schifo, nessuno sentiva il bisogno di un vostro ritorno, nessuno ha sentito la vostra mancanza in questi 11 anni, tornatevene nell’Another Dimension da cui avete pescato la musica per ‘sto album di merda, o tornatevene sul meteorite, o in geriatria, non so, vedete voi, basta che vi levate dai coglioni una volta per tutte.