È un 2020 ricchissimo di musica (almeno quello!) e stare dietro a tutti i dischi che escono è difficile, è terribilmente difficile.

Eppure questi primi 5 mesi sono stati parecchio generosi con noi, e perché non tornare un po’ indietro e recuperare qualche bel dischetto, magari di un genere preciso, che magari ci siamo persi per strada? Abbiamo deciso di partire dal synthpop: un po’ perché tra nomi conosciuti ed emergenti dal grande futuro stiamo in una botte di ferro, un po’ perché maggio è un mese malinconico, e non esiste colonna sonora migliore per accompagnarlo.

Abbiamo scelto 6 dischi synthpop che secondo noi vale la pena recuperare: Choir Boy, Poliça, I Break Horses, Joywave, Porches e Boniface. Buon ascolto!

Choir Boy – Gathering Swans

I Choir Boy giungono al loro secondo lavoro dopo l’esordio del 2016. L’album esce su Dais Records, la stessa di Drab Majesty e difatti la sostanza di cui è fatto questo Gathering Swans è quella. Sono tante le deviazioni che può prendere quella che tendenzialmente è una new wave travestita da synth e dream pop e la band di Salt Lake City prende quelle che colpiscono dritte al cuore. E diciamo che sa anche come farlo. C’è il new romantic dei Japan, l’attitudine dei The Smiths e soprattutto c’è Adam Klopp in forma campionato del mondo sul quale stanno benissimo i panni di Morrissey, di Curt Smith o per venire ai tempi più recenti Jonny Pierce dei The Drums e che aggiunge vivacità a temi molto malinconici. Senza dimenticare il sexy-sassofono che non può mancare in qualsiasi cosa richiami agli anni ’80. Gathering Swans non inventa nulla di nuovo, questo è certo, ma prova ad inserirlo nella tua playlist nostalgica, vedrai che non sfigurerà.

Voto: 6.5/10Giuseppe Mangiameli

Poliça – When We Stay Alive

Channy Leanegah, voce dei Poliça, è delicata, sinuosa, scivola letteralmente mentre la si ascolta fra i pensieri non tanto per quello che dice ma per la sua voce, assottigliata da un tono che non infastidisce e non si sostituisce alle inquietudini ma bensì si sposa a tutto quello che potrebbe venirci in mente ascoltandola. In When We Stay Alive la band ha deciso di giocare con questa sua capacità, contrapponendola a delle basi molto elettroniche ed utilizzando queste ultime per riequilibrare una situazione che non pende da nessuno dei due versanti. I brani s’incastrano molto bene tra loro, segno di un lavoro fatto con metodologia anche semplicemente nella stesura dell’ordine dei brani, iniziando con la parte elettronica e finendo con brani in cui l’utilizzo della chitarra è più marcato. L’impressione che si ha è che sia un disco molto solido, nelle corde della band, senza quei particolari alti che avrebbero potuto caratterizzarlo come indimenticabile.

Voto: 7.2/10Davide Deleonardis

I Break Horses – Warnings

Warnings è il terzo album degli I Break Horses, arrivato a distanza di 6 anni dall’uscita del predecessore. Dopo aver esordito con lo Shoegaze di Hearts e aver abbracciato un suono più elettronico in Chiaroscuro, il duo svedese ritorna sulla scena con un LP che si posiziona in uno spazio intermedio tra i due generi, dando luce ad un disco che suona molto dream pop; non a caso, hanno lavorato assieme a Chris Coady, produttore di oltre metà dei dischi dei Beach House. In Warnings, Maria Lindén scalda la voce, talvolta troppo algida nei primi due album, veicolando emozioni come mai era riuscita a fare. È uno stile che si fonde sinergicamente con la parte strumentale: tra ballate, pop in stile ‘80s, arpeggi di synth e percussioni che battono come un cuore, Warnings ci porta in un mondo onirico e malinconico. Se vi piacciono i Beach House e Bat For Lashes, questo dovrebbe essere un album per voi, rigorosamente da ascoltare da cima a fondo.

Voto: 7.0/10 Cristoforo Colombo

Joywave – Possession

Molto synth, molto pop, molto Joywave. Il ritorno del quartetto di Rochester capitanato da Daniel Armbuster è una colata di cemento sullo status quo della band. Ci sono i riff, i ritornelli, le chitarre, i pezzi ballabili, i testi deep, tutti elementi che rendono Possession un ascolto solidissimo, divertente per tutta la sua durata, fresco e familiare sia per i neofiti che per i fan di lunga data. Mancano un po’ i momenti più ruvidi dei lavori passati, dall’acido di Content al sognante di True Grit, ma i Joywave si fanno perdonare presentandosi maturi come non lo sono mai stati. Semplici, drittissimi, ma mai banali. Possession è forse uno degli album più catchy degli ultimi mesi, dodici brani che scorrono lisci lisci di cui non potrete fare presto a meno.

Voto: 7.5/10Raimondo Vanitelli

Porches – Ricky Music

È probabile che il vostro primo approccio con la musica di Aaron Maine aka Porches sia arrivato quattro anni fa con Pool, splendido nell’unire apatia post-adolescenziale e synthpop malinconico. Quello che aveva quel disco però era il groove, quello di Be Apart, di Underwater, di Mood. Quello che è andato scemando nel successivo The House, così come in questo Ricky Music: un breakup album in piena regola, dove però i pezzi non colpiscono per intensità, rimanendo sospesi in un limbo. È questo il Porches di adesso o quello malinconico col basso funky che aggiungiamo ancora alle nostre playlist? Prendete Do U Wanna, che vorrebbe fare da singolone apripista, ma alla mente mi arrivano solo immagini di un lento triste quando la festa è finita e se ne sono andati tutti. O Madonna, che prova a spingere in alto i bpm in modo meccanico, senza avere una melodia talmente intrigante da tenere in piedi il brano. Il problema di questo disco è che Porches il talento ce l’avrebbe – e l’ha anche dimostrato – ma in Ricky Music esce solo a sprazzi (I Can’t Even Think, Patience). Insomma, è intelligente ma non si applica.

Voto: 6.3/10Sebastiano Orgnacco

Boniface – Boniface

Album di debutto per Boniface da Winnipeg, Canada, artista dall’animo profondamente synthpop, che nel complesso presenta una profondità non indifferente. I diciotto brani della versione deluxe (un’anomalia nella discografia corrente avere un album che, per poco, non supera l’ora) raccontano della vita dello stesso cantante, talvolta senza doverla esprimere a parole ma direttamente con le basi musicali a cui viene lasciato molto spazio. La copertina del disco sembra essere il perfetto preambolo per quello che si ascolta; è letteralmente un viaggio, con le stesse tracce difficili da prendere singolarmente perché irrimediabilmente interdipendenti, pezzi di un puzzle complesso da tracciare ma semplice da capire. Menzione specialissima per Wake Me Back Up, probabilmente una hit se avesse la giusta esposizione.

Voto 7.4/10Davide Deleonardis

Insomma…

Piaciuta quest’infornata di album synthpop? Ovviamente non sono tutti qui: vi abbiamo già parlato del ritorno dei Purity Ring con WOMB, del pop vintage e lo-fi dei TOPS e di quello primaverile degli Yumi Zouma. Senza ovviamente dimenticare dischi mainstream decisamente riusciti come quelli di Dua Lipa e The Weeknd, che di estetica e atmosfere 80s se ne intendono.