© Gian Mattia D'Alberto/LaPresse 20-04-2012 Milan "L'ultima parola" tv show in the photo: Stefano Pedica

Sarà qualche anno ormai che stipendiamo profumatamente il nostro reparto di ricercatori per arrivare per primi alla soluzione dell’atavico arcano che si insinua costantemente nell’inconscio di noi comuni mortali: è nato prima l’uovo o la gallina, è nata prima la droga o il clubbing?

Nel frattempo, il sodalizio tra bassi e sostanze continua a far urlare tutti alla “migliore serata di sempre” (in media cinque o sei volte l’anno, alle volte sette negli anni bisestili) tra selfie sbiaditi, sorrisoni imbarazzanti e malattie veneree in cessi chimici.

Tutto ciò sembra semplicemente sublime, la gente ama farlo e non tocca di certo a noi dare un parere risolutivo sulla questione.
Ma se il Duce fosse qui? Cosa ne sarebbe del fantomatico Cocoricò? Probabilmente lo avrebbe già trasformato da tempo in una tecnologica serra a coltivazione intensiva, tentando di dar fiato all’affannante settore primario, ma mai e poi mai avrebbe pensato alla ridicola, irrealizzabile, antieconomica e quanto mai fascista soluzione del senatore del Pd Stefano Pedica: chiudere i club per un anno per punire i gestori scellerati.

Per bonificare le discoteche da droga e alcol non basta chiuderne una o applicare il Daspo, che non risolve il problema alla radice: per responsabilizzare i proprietari dei locali e i giovani, bisogna mandare un messaggio forte chiudendo tutti i locali per un anno. Le discoteche non devono essere ‘bancarelle’ per sostanze stupefacenti o alcol, ma una semplice stretta sui locali non basta. Dopo i casi dei giovani morti a Riccione e in Salento, bisogna usare il pugno duro. È inutile imporre la chiusura per qualche mese a una sola discoteca per dare l’esempio alle altre, bisogna avere il coraggio di usare misure drastiche, pensando alla chiusura di tutte le discoteche per un anno intero. Chiudere i locali per un lungo periodo serve per salvare la vita di tanti giovani e capire cosa non va e chi ne approfitta.

Combattere la diffusione delle droghe – dentro così come fuori i locali – ci sembra un concetto quanto mai positivo, su questo non possiamo che concordare in pieno, ma il vomitare dure parole di condanna ormai fa tanto moda estate 2015. Vi prego, basta.
Il ciarlare del succitato giovinotto va infatti semplicemente ad alimentare l’ignorante nuvola di superficialità, bigottismo e demagogia che aleggia minacciosa sullo stivale e che non sembra ridursi da quando i due ormai famosi ragazzi hanno recentemente perso la vita dopo aver assunto stupefacenti in quelle maledette sere. Maledette, mi permetterete, anche per il grossolano vociare all’italiana che le nostre orecchie devono continuare ad udire ogni santo giorno.
Come sempre i nostri cervelloni propongono argute idee: chi vuole fare questo e chi vuole fare quello, oggi è il turno di chi vuole semplicemente ammazzare la musica con una bomba perchè è semplice e veloce e perchè in fin dei conti… noi siamo pur sempre il paese della Fini-Giovanardi.

Ora chiudiamo tutti gli occhi e voliamo sulle ali della fantasia: cosa succederebbe se ciò avvenisse?

  • Migliaia di famiglie sarebbero in mezzo alla strada
  • Perderemmo un giro d’affari da miliardi di euro
  • Finalmente avremmo l’ambiente underground più figo ed invidiato d’Europa
  • La gente si drogherebbe a suon di riproduzione casuale su Spotify

Mentre il resto del mondo civilizzato comincia a comprendere l’inutilità della repressione violenta e comincia ad accarezzare delicatamente l’idea di usare meno bastone e più carota, cercando allo stesso tempo di implementare profonde e valevoli politiche di sensibilizzazione che educhino effettivamente gli umanoidi sin dalla nascita al non consumo, o quanto meno al consumo non sconsiderato di sostanze (insomma, roba che non risolve il problema per un annetto e che richiede tempo, soldi e impegno reale), noi continuiamo a sputacchiarci in faccia a vicenda, facendo a gara a chi spara la cazzata più democristianamente perbenista.
Il problema è senza ombra di dubbio causato da gestori di locali money-oriented, ma la radice va molto più nel profondo e rimedi grossolani come questo non sono di certo la chiave dell’acqua.

E COMUNQUE PENSANDO ALLE COSE SERIE, LA CORSA AL POST-COCORICÒ NON È ANCORA FINITA.