Avevo intenzione di acchittare subito un 7 e mezzo col Califfo per rompere il ghiaccio, ma poi non ce n’è stata la possibilità perché la chiacchierata con Franco 126 si è fatta per telefono. Allora occorreva qualcos’altro per iniziare limpidamente l’intervista.

Mi sono chiesto da dove partire, da quale spunto iniziare a indagare insieme a lui il primo lavoro solista di un ragazzo del 1992, uscito da quasi due anni alla ribalta nel panorama musicale nazionale grazie ad un progetto in cui è stato la metà di un duo.

Nel soffermarsi sul suo album Stanza singola, risulta attraente e impossibile da evitare un tuffo dentro le trame delle canzoni, delle ambientazioni anni ’70, della poetica sublimata di Franco. Non si può evitare di soffermarsi sul suo cantato nettamente migliorato, depurato dell’autotune, più limpido e identificabile. Insomma, non si devono chiudere gli occhi davanti alle cose più significative dell’album, come giusto che sia.

La copertina di “Stanza singola”

Ma se non si chiudessero nemmeno davanti a roba più superficiale, se non stupida? come giudicare un album dalla sua copertina? Quando penso a un decennio come gli anni ’70, mi viene in mente proprio il colore in cui è immerso Franco nella copertina di Stanza singola: quel marrone-arancio caldo e cupo, pieno di fumo; tabacco e cuoio, odore forte, intenso. Lo scopo che Franco ha perseguito per tutto il disco, lo raggiunge anche solo a livello grafico sulla copertina: una solitudine anni ’70.


Il tuo nuovo disco si chiama Stanza singola, è il primo progetto da solista, dopo che siamo stati abituati a fidelizzare col tuo nome collegato a quello di Carl Brave da un segno “x”. Anche solo dalla copertina, oltre che dal titolo, sembra che vuoi enfatizzare questa dinamica di “isolamento”.

Si tratta del cuore del progetto, e delle intenzioni che ha alla base: questo è, oltre che il mio esordio da solista, il mio disco da cantautore, e questo dettaglio qui, per emergere al meglio, aveva bisogno di essere evidenziato da solo.

Motivo per cui è anche un disco senza collaborazioni a parte una?

Sì, il fatto dell’assenza di collaborazioni è una scelta fatta proprio per seguire questa linea. In sostanza, in Stanza singola non ci sono featuring perché in questo contesto non servivano. Non ci sono i nomi dei miei amici della Love Gang perché le canzoni sono incentrate verso altre intenzioni. D’altronde, anche questo è il bello di essere una crew e non un gruppo: noi siamo liberi di lavorare come preferiamo, quando facciamo una collaborazione è perché vogliamo farla, punto. Non ci sono obblighi, e nemmeno attriti, incomprensioni e litigi che spesso colpiscono i gruppi. Da noi per questo genere di cose non c’è spazio. Però ti dico che a breve uscirà per esempio il disco di Drone in cui collaboreremo tutti. Io collaborerò sempre con la 126. Il nostro è un progetto d’insieme che non finirà.

E invece cosa ne è stato dell’eccezione fatta per Tommaso Paradiso?

Nasce da una roba che non avevo in mente, perché insomma, è difficile pensare di confrontarsi con uno come Tommaso. Io con questo album sono ad un nuovo inizio praticamente, lui invece è un big della scena, uno dei nomi più grossi del pop contemporaneo italiano. Ma quando si è presentata l’occasione, non ho potuto rifiutare, è un artista che stimo tantissimo, e ha confermato tutto quando è uscita fuori la canzone. Ha dato un respiro totalmente diverso a Stanza singola, ha fatto un’operazione delicatissima, ha dato molto di più al pezzo, tanto che quando parte la sua strofa dopo il ritornello, è come se partisse un altro ritornello! Quando il pezzo è uscito, mi sono reso conto che Tommaso era l’unico che poteva andare, che poteva entrare così nel progetto.

Siamo d’accordo, e anzi ti dirò di più, grazie a quella strofa è tornato uno sprazzo dei Thegiornalisti della prima ora, di Vol.1 per esempio.

Vero, e ci stava alla grande, quella era l’idea. Ma se devo dirtela tutta, io volo anche con i pezzi di Love, quelli per cui magari Tommaso può essere criticato perché si è aperto troppo al pop eccetera eccetera, ma Zero stare sereno, con quei pezzi lì volo!, e poi oh, c’è una cosa come Questa nostra stupida canzone d’amore che è una gran canzone, che le si vuole dire? Si tratta di una scrittura e di un’elaborazione importanti.

Tornando alla presunta “solitudine” da solista, come ti vedi sul palco nel nuovo tour? Sarai anche lì solo?

Sicuramente sarà uno dei risvolti più interessanti da affrontare di questa nuova fase, ma sarò in buona compagnia perché sul palco saremo in sei: oltre me, due chitarre, basso, batteria e Ceri. Poi vabbè, stiamo pensando ad altri ospiti da invitare sul palco, ho già qualche idea, e sicuramente per le date più grandi cercheremo di chiamare qualcuno con cui condividere l’esperienza.

Mi hai parlato di Ceri, vogliamo soffermarci un attimo sul vostro rapporto? Ha prodotto il tuo disco e sono anni che ormai mette lo zampino in lavori di grande successo. Cosa significa collaborare con un artista così?

Beh, come detto già solo nei concerti sarà un faro: Ceri è da un anno che è in tour, è un treno, uno che vive la sua arte in maniera spontanea e trasversale. Mi ha dimostrato il suo modo di fare quando abbiamo iniziato a collaborare. Io avevo in mente Stanza singolaaveva già una forma, avevo tra le mani diversi provini, ci mancava solo un produttore che desse al lavoro il sound finale, coeso. Abbiamo fatto prove con diversi produttori, poi un giorno io e Ceri siamo entrati in contatto. Ecco, gli ho spiegato le intenzioni, gli ho dato in mano i provini di Frigobar e in un pomeriggio è stato confezionato il pezzo. E di seguito, tutto Stanza singola. Ha capito subito la direzione del progetto, il respiro anni ’70 che volevo dargli.

E ad oggi possiamo dire che ci siete riusciti alla grande, a raggiungere questo scopo. Ma allora, più che chiederti le influenze dirette anni ’70 di Stanza singola che ormai sono note, c’è magari un certo tipo di musica più recente, che so, dei primi Duemila, con la quale sei cresciuto e che più o meno consciamente fa parte del tuo bagaglio di fonti artistiche?

Una risposta puntuale forse non c’è, perché io ho sempre sentito tanta musica. Qua, in Stanza singola, si trattava di riportare la roba di quel decennio lì, i ’70. Poi certo, io sono uno del ’92, ed è naturale che sia figlio anche della musica uscita più in là, in quel tempo che mi dici tu. Volente o nolente ho ingurgitato tutto ciò che usciva in quegli anni, ho approfondito e studiato anche autori di quella scuola. Quindi è chiaro, ho voluto fare una roba anni ’70, ma mi prendo anche tutto quello che c’è stato dopo. Però ti confermo che ogni intenzione era legata a quel passato più remoto, anche perché con lo stesso Ceri ci siamo resi conto che con quel sound tutto girava meglio.

…Soprattutto la tua scrittura, che mi sembra cambiata, raffinata. Per esempio hai cambiato la concezione di Roma, da pratica e quotidiana a ineffabile, ma più in generale, un po’ tutto nella tua lirica mi sembra essersi sublimato.

Guarda, ho lavorato abbastanza sotto questo aspetto. Volevo dare una svolta anche alla mia scrittura. Infatti, chi si aspettava una roba alla Polaroid, casca male; certo c’è roba così, ma non solo. Qui c’è più malinconia, prima le mie strofe erano fatte più di immagini, di sguardi, oggi invece ho cercato di dare un filo logico ai miei testi. Una roba più coesa, meno slegata.

Ora mi togli una curiosità? Tu e Carl siete usciti con le Polaroid prima su Youtube, infine tutto il progetto, tale e quale, è diventato un album uscito per Bomba Dischi, la tua attuale etichetta. Mi dici come è nato il sodalizio con loro?

Allora ti spiego: noi avevamo Solo guai [la prima “polaroid”, ndr.] soltanto tre giorni prima che uscisse su Youtube. E così è andata con tutti gli altri pezzi. Avevamo la terza canzone ma non ancora la quarta, per dirti. Tutto Polaroid ha seguito questo percorso. Ogni brano era un singolo che nasceva di volta in volta, infatti se ci fai caso ci sono spesso riferimenti attualissimi che erano dello stesso periodo in cui la canzone usciva – Solo guai parla della Roma deserta di fine estate, e la scrivemmo verso la fine dell’estate. Bomba ci ha contattato al terzo pezzo, Polaroid. Ci ha seguito da quel momento, e nel frattempo sono arrivati anche altri contatti. Ma Bomba Dischi fu la prima etichetta ad interessarsi alla cosa; mettici che poi ci piaceva la loro linea, il sound che spingevano, gli artisti che avevano, ecco che Polaroid è andato in porto con loro. Poi come dici, è cambiato poco e niente rispetto a come già stava uscendo, ma tutti eravamo d’accordo sul fatto che Polaroid non avesse bisogno di ritocchi. Aveva un sound specifico che era quello di Carlo, un concept specifico, anche nelle grafiche, che era quello della polaroid; insomma, c’era poco da mettere mano. Bomba in quel caso fu fondamentale per questioni di promozione, strategie, distribuzione. Invece oggi è stata presente a 360 gradi per Stanza singola. Mi hanno dato una mano su tanti altri livelli.

Questi che mi racconti sono dettagli importanti, dimostrano tanto del segreto del tuo successo, e degli artisti come te. Avete idee forti e le proponete senza pensare al domani, sono vostre urgenze e basta. Mi sento di dire che in quest’ultimo decennio avete sovvertito un sistema, o comunque l’idea che la strada del successo musicale non passa, per esempio, solo per un programma televisivo.

Vero, e ormai è un processo consolidato, tanta gente riesce a emergere così. La major, i grandi canali, non sono più una necessità per fare musica. Molti escono ancora dai talent e lì si costruiscono, ma altrettanti sono quelli che vengono contattati con già il prodotto in mano. Ormai si può fare tutto in casa, i progetti più belli degli ultimi dieci anni sono stati fatti in cameretta! Vedi Ketama, fa tutto da solo, si crea tutto da sé sotto ogni aspetto, il suo disco ha solo la sua impronta e non serve che qualcuno ci metta bocca.

Senti Fra’, ma Sanremo, chi ti sei giocato?

Io ho giocato mezza piotta su Ultimo, è dato vincente. Ma pure 10 euro a testa su Il Volo, Cristicchi e Arisa. Questo è il mio piano scommesse. Voglio sta’ sicuro.