Chimica come la magia che governa i rapporti umani, chimica come la fame che viene di notte dopo un personale di troppo; e poi, Chimica come il secondo EP dei DARRN, che sono tornati con 4 nuovi brani, arricchiti dalla presenza di Venerus e Gemitaiz, oltre che dalla loro ormai consueta libertà espressiva, elemento il quale li sta rendendo uno dei progetti musicali più interessanti in Italia.

Un titolo insomma dal forte potere evocativo, che rimbalza nella mente creando tante connessioni, che si sbizzarriscono attraversando le tracce del disco, ascolto dopo ascolto. Chimica è tante cose insieme, comprese le reazioni collaterali che possono nascere da un utilizzo inusuale degli elementi, degli strumenti. In TOBIKO si parla di una chimica che non si comprende, si vuole aver voce desiderando il silenzio; in sostanza, si vorrebbe vivere una vita i cui ingredienti sembrano essere impazziti, fuori controllo. Può nascondersi qui un senso dell’EP? Lo chiediamo direttamente a loro, ai DARRN.

Come già succede per la nostra musica, così anche per il significato che si cela dietro al nome dell’EP probabilmente riusciremo a capirlo solo dopo averlo pubblicato, sia suonandolo in giro che attraverso le reazioni di chi se lo ascolta su Spotify. Sicuramente l’idea di instabilità chimica è proprio alla base del senso che volevamo dare al nome del progetto e che nasce subito dopo aver scritto TOBIKO. In quel verso abbiamo ritrovato una costante tra tutte le tracce, che ci ha fatto capire che magari non erano poi 4 brani con 4 stati d’animo diversi. C’era sempre un filo conduttore emotivo. In OLOGRAMMA dicevamo di essere irrazionali, “se ci ascolti poi ti fai del male”; con TOBIKO è come se avessimo capito il motivo per cui lo siamo e che è tutta una questione di chimica, o ci prendiamo o ci detestiamo.

Un seme della forza dei DARRN, che era già presente in Musica da camerasi racchiude qui: riescono a creare un’atmosfera estetica e musicale che dà rumore e volto a una radiazione di fondo generazionale, fatta di profonde vibrazioni malinconiche, ovattate e silenziose. Per questo viene da chiedersi: la musica del gruppo è esclusivamente un’urgenza che nasce in cameretta ed è ispirata dentro quelle 4 mura, oppure, nel momento in cui creano, sanno di essere messaggeri di un senso del vivere comune a molti giovani nel 2019? In sostanza: chi si cela dietro quel “noi” che cantano in TOBIKO? Di chi è quel “nostro passato”, impossibile da raccontare in ABRA?

Nasce tutto dal desiderio di fare qualcosa che rappresenti noi stessi in primis da un punto di vista musicale e di testi. È un’urgenza inconscia, noi non ci sentiamo assolutamente messaggeri di alcun significato e anzi tutti i nostri brani nascono nei momenti in cui ci lasciamo più andare dal punto di vista creativo. Avere in mente un’idea ben chiara di un pezzo prima di iniziarlo non ha ma funzionato per noi, ci crea dei blocchi e lasciamo le cose incompiute, forse proprio perché è qualcosa di estraneo alla nostra attitudine molto istintiva. Il Noi di cui parliamo si riferisce ai nostri amici, alle persone che amiamo. Servono almeno due persone per stabilire una chimica e quel Noi è la base per la sua esistenza. Senza le reazioni che risultano da questi rapporti non potremmo fare musica.

Abbiamo detto che “chimica” può voler dire molte cose insieme. Ma prendiamo un senso che ricorre chiaramente in tutto l’EP, vale a dire la chimica che regola il rapporto tra le persone. Espressioni come “alzo i muri” e “ho rotto i ponti”, “due persone lontane” sussurrato sulla chitarra glaciale di STANZA A SINISTRA, parlano chiaro: questo disco è uno spot dell’incomunicabilità che oggi governa tante relazioni umane – e che l’opinione comune demonizza come un male assoluto del presente. Ma i DARRN non sono l’opinione comune, pertanto, Chimica è uno sviluppo positivo o negativo di questo tema?

Forse è un po’ politically correct come risposta, ma è qualcosa che pensiamo davvero, visto che tra noi tre ci sono continue situazioni di incomunicabilità: può essere sia positivo che negativo. L’incomunicabilità nasce da reazioni opposte, ma è proprio da qui che – se si è pronti al cambiamento – si può crescere insieme, cercando di capire l’esteriorità di punti di vista diversi dal nostro. Tutto questo succede se si parla, se invece si lascia tutto su un fondale di rancore e non ci si dichiara, si rischia di implodere e di risucchiare tutto ciò che ci circonda.

DARRN, foto di Roberto Graziano Moro

Parlare con questi ragazzi può essere un’occasione per capire come girano alcuni ingranaggi che nel tempo hanno subito, nella scena internazionale, profondi cambiamenti. Uno di questi è lo strumento voce, un dettaglio che nei DARRN si sente essere profondamente curato, sia per le caratteristiche naturali del cantante, che per tutto ciò che concerne gli effetti che gli si applicano – che in questo caso non è semplice autotune et similia, ma è qualcosa in più, come ci specificano.

La voce è il primo strumento. È la parte fondamentale, quella che se non funziona ti porta a cambiare melodie e suoni della base. Anche per il fattore effetti ci piace sperimentare moltissimo, infatti ad eccezione di un compressore e un equalizzatore non abbiamo una catena di effetti fissa che usiamo sempre. Ad esempio, su SABA il synth principale è sovrastato da un altro che abbiamo creato effettando una melodia vocale improvvisata, che crea questa sensazione di sospensione continua. Il modo in cui la voce si amalgama non è mai qualcosa che prevediamo a prescindere, ma ci facciamo guidare soprattutto dall’istinto e dal nostro gusto. Ovviamente ci sono molti artisti che ci influenzano da questo punto di vista.

Non ci si può, poi, tirare indietro da questa curiosità: che si prova a ricevere una visita da Gemitaiz, che mostra interesse per il lavoro che si sta facendo, tanto da cacciare fuori una collaborazione? RANDOM è la bomba di Chimica, ma non solo; resta, a ben vedere, il termine che connota meglio la cifra stilistica dei DARRN: i ragazzi hanno più volte sostenuto che quello che esce fuori dal loro studio è sempre qualcosa dettato innanzitutto dal caso, random appunto. In questo senso i loro EP sono sempre una boccata di freschezza, si avverte questa libertà espressiva di cui godono, e che sono in grado di possedere. Ma ora, giunti al secondo breve disco, hanno in mente di regalarci un racconto più lungo – si legga: il primo album?

Davide è una persona e un artista splendidi. Ci siamo beccati nel backstage del Miami festival ed è nata l’idea di fare un pezzo insieme. Credo nemmeno un mese dopo è venuto nella stanza in cui facciamo musica e già il fatto che non si sia creato nessuna paranoia a venire da noi ci ha fatto capire quanto gli interessi del risultato finale e del farci sentire a nostro agio il più possibile nella fase di composizione. Poi ha sempre le idee chiarissime su cosa vuole musicalmente e come ottenerlo. È stata una ficata lavorare insieme. L’album ci sarà, ma per ora vogliamo spingere in giro il più possibile la musica che già abbiamo, insomma vogliamo suonare moltissimo dal vivo.

È possibile concludere un’intervista senza ammorbare con un’automatica domanda sul futuro? Probabilmente no, perché già abbiamo chiesto di un eventuale futuro primo album; ma dissimuliamo con scarsissimi risultati, e chiediamo a loro di guardare dalla parte opposta: chi erano i DARRN prima di essere i DARRN?

Eravamo tre personalità molto diverse e stando insieme ci siamo completamente influenzati, al punto che è anche difficile pensare a noi prima che DARRN esistesse. Proveniamo da tre background diversi sia musicali che sociali, però eravamo accomunati dal voler fare musica senza compromessi, senza paranoie sullo svoltare o sul fare il singolo che sfonda, e Asian Fake ci ha appoggiato al 100% in questo!