primavera-sound-

Ci sono festival e festival. Da una parte folla e fango, dall’altra stormi di fashion blogger cui della musica frega ben poco. In una dimensione parallela c’è invece il Primavera Sound di Barcellona, una specie di punto d’incontro di tutti i rappresentanti della razza umana definibili in vari modi: indie, hipster, yuccie, e pensate un po’, addirittura gente normale. La redazione di Deer Waves non è composta da gente normale, e così i nostri inviati a Barcellona vi propongono una guida che vale un po’ per tutti quanti, dal giovane pieno di forze che si gode i due palchi principali al rocker tutto d’un pezzo, fino ad arrivare all’hipster che controlla su Last.Fm se gli artisti in cartellone hanno meno di un milione di scrobbling.

Il rocker che non vuole piangere

Questa edizione del Primavera verrà iscritta negli annali come “il festival del pianto”, vuoi per l’abnorme numero di gruppi feels tra gli headliner,  vuoi, come da tradizione, per le drammatiche scelte a cui ci costringono gli organizzatori, grazie ai numerosi  incroci di palco tra le band più attese (e parafrasando Genny Savastano, “Sul po tiemp ca c stann facenn perd’r ij t’avessim sparà mocc” ).
Esiste ordunque un programma alternativo (o meglio, complementare) a questa valle di lacrime (cit.)? La risposta è affermativa.
Armato di chiodo in pelle , skinny jeans e stivaletti chelsea, il rocker che si rispetti non può che fare il pieno di psichedelia il giovedì, passando prima dai Tame Impala e a notte fonda dai Thee Oh Sees (uno dei migliori live della scorsa edizione), che per l’occasione si presenteranno con due batteristi, per uno show che si preannuncia esplosivo. Il venerdì, il lato tafazzista del rocker si impadronisce di lui, decidendo di andare a fare a botte durante il concerto delle Savages, che con Adore Life si sono calmate appena il giusto. Nonostante sia ancora traumatizzato dall’esibizione dei Radiohead, il rocker potrà finalmente sbottonare la propria camicia hawaiiana e godersi i The Last Shadow Puppets nel patinatissimo palco H&M, magari sorseggiando un drink (per lo più birra annacquata) e facendo lo snob, mentre il resto degli spettatori starà ancora frignando pensando all’esibizione di Thom Yorke & soci. Sabato, il rocker diventa ancora più insopportabile; oltre a disprezzare tutti i gruppi che lo circondano, ha motivo di essere nostalgico: ha segnato da mesi con il circoletto rosso nel calendario l’esibizione integrale di Pet Sounds di Brian Wilson. In questo caso sarà proprio lui l’unico a versare lacrime nel Forum, lacrime che verranno asciugate da Ty Segall, questa volta intento a dispensare caramelle a notte fonda: nonostante  Emotional Mugger non sia all’altezza dei predecessori, assistere ad un live del chitarrista californiano è o’ must.

https://www.youtube.com/watch?v=vqkqsS2uxis

Il nichilista

Armato di acne post-adolescenziale e odio verso il mondo e per se stesso, il nichilista dovrà sfogare pur da qualche parte i drammi postmoderni che l’attanagliano. Come meglio esorcizzare i demoni del roaming che non funziona se non con un po’ di chitarroni e violenza?! Il festival del nichilista inizia bene (o forse male, dipende dai punti di vista) al palco Pitchfork, giovedì alle 19, ad urlare “I’ve got a right to be depressed” insieme a Car Seat Headrest – il nuovo album Teens of Denial è uscito solo pochi giorni fa, ma le parole le sa già tutte, di questo potete stare certi. Passa qualche ora, e col fresco della notte arriva la durezza del post-punk post-tutto dei Protomartyr, che il nichilista preferisce ai più colorati Tame Impala. (No. Che sono ‘sti colori? Via.) Stessa ora, stesso male di vivere: il venerdì pomeriggio è dedicato al punk potente dei Titus Andronicus – e anche loro l’anno scorso hanno tirato fuori un bel discone a tema, ma se non l’avevate capito qui siamo monotematici e monocolori. Neri proprio neri come l’inchiostro sulla copertina di Yank Crime sono i Drive Like Jehu, che suonano sabato sera e sono imperdibili per il nichilista quanto per l’emo deluso – forse faranno amicizia sotto al palco, ma molto probabilmente no. Il festival del nichilista si conclude alle due di notte con i Parquet Courts, dopo i quali il nostro cucciolo di nichilista può tornare allo stato brado – o forse andare a fare il tamarro da Dj Coco? Il nichilismo stanca.

Il ventenne mainstream

Partecipare al Primavera Sound 2016 significa scegliere tra artisti e band storiche – non a caso l’edizione si chiama All Stars – e artisti più recenti, conosciuti dalla stragrande maggioranza del giovane pubblico. Il “ventenne mainstream” tenta di conciliare un po’ i due aspetti, prediligendo comunque i nomi grossi del cartellone. La band storica che proprio non può perdersi sono i Radiohead, il venerdì, per ascoltare il vastissimo repertorio di classici ma anche per gustarsi quell’ultima meraviglia di A Moon Shaped Pool. Vent’anni sono relativamente pochi per sentirsi stanchi e privi di energie, ma nel momento in cui ai Radiohead seguono i Beach House ci si lascia cullare e rilassare: insomma, il palco preferito dal ventenne è l’Heineken per la giornata del venerdì.
Il giovedì al tramonto con una birra alla mano ci si gode lo spettacolo dei Daughter per poi, dopo altri live, correre – ed è qui che si testimonia la grinta del ventenne – al Pitchfork per scatenarsi sulle note di Neon Indian. Ed ecco che arriva l’ultimo, fatidico giorno di permanenza al Parc del Forum: sicuramente uno dei must act sono i Chairlift: un’esplosione di pop perfetta per manifestare ancora la gioia e la voglia di costante novità e per finire in bellezza l’elettronica dei Moderat. Esiste forse miglior modo per dare l’arrivederci a Barcellona?

L’emo deluso

Se l’anno scorso non potevamo lamentarci tra American Football, Mineral, Brand New e The Hotelier, l’edizione 2016 del Primavera Sound ha decisamente dimenticato per strada la musica emo, soprattutto visto l’incredibile momento che sta vivendo. Eppure, dopo essersi innamorato del festival e della location l’anno scorso, l’emo deluso non può esimersi dal tornare e dal cercare una bella dose di chitarre tristi. Dove? Beh, sicuramente nei due live di Julien Baker (giovedì al Forum e venerdì al Raval), una delle cantantesse più giovani, talentuose (e tristi) al momento sulla piazza. L’iniezione di chitarre post-rock arriva dagli Explosions In The Sky, palco grande il giovedì, ma siccome vanno bene le emozioni ma si deve anche pogare un po’, ecco che Dinosaur Jr., Bob Mould in solo elettrico e i devastanti Beach Slang forniranno all’emo deluso tutti i lividi di cui ha bisogno. E anche quest’anno si aspettano i The World Is A Beautiful Place il prossimo anno.

L’over 30 che fa il giovane con l’alt-rock

Quelli che hanno passato i 30 da un po’ non possono contare sulla resistenza fisica dei compagni più giovani, ma l’esperienza è dalla loro parte, per cui arrivano al Forum armati di solette ortopediche nascoste nelle Converse e prodotti farmaceutici contro il reflusso gastrointestinale che li coglierà già verso le 21 del giovedì dopo i tagliolini agrodolci dello stand thai.
Mercoledì sera saranno in prima fila per godersi tutto il repertorio anni ’90 dei Suede, e se ne fregheranno di fare la fila fuori dall’Auditori il giorno dopo solo per ascoltare quella delusione che è stata Night Thoughts. Nella loro personale battaglia contro i luoghi comuni sugli attempati continueranno ad inseguire tutti quegli artisti che gli anni se li portano bene, per cui il sabato per nulla al mondo salteranno la doppietta Deerhunter PJ Harvey, anche in virtù del considerevole risparmio energetico dato dai rispettivi palchi posizionati uno di fronte all’altro. Il giovedì trascorreranno l’aperitivo al live degli Algiers, perché i trentenni che vanno al Primavera Sound ci tengono a far vedere che nonostante l’età sono aggiornatissimi sulle novità più sofisticate, e pregheranno le proprie ginocchia di reggere fino alle 3 di notte per non perdersi i Battles.
Riusciranno a mimetizzarsi abilmente per tutto il tempo, ma li riconoscerete facilmente in aeroporto al ritorno, perché sono quelli che ci arriveranno in ambulanza.

L’hipster

L’hipster neanche ci vuole andare al Primavera Sound: se potesse scegliere non ci andrebbe proprio a un festival e, se proprio costretto, sceglierebbe un più esclusivo North Sea Jazz Festival o un meno inflazionato Bilbao BBK. I suoi amici però gli calpestano le palle a tal punto da convincerlo a prendere parte alla trasferta. Ovviamente trova un compromesso: col cazzo che si fa l’abbonamento al festival, lui compra il single day ticket, rigorosamente per il giorno con meno ressa, il giovedì.
Non gli passa nemmeno per l’anticamera del cervello la possibilità di cominciare presto e godersi il palco Bower & Wilkins, se volesse ascoltare elettronica in spiaggia andrebbe ad un party del Dimensions, quindi arriva con calma al palco Ray Ban per una sessione di autocompatimento sulle note agrodolci di Cass McCombs, al termine si spara un back to back all’Auditori: prima gli Suede per riprendersi (ma neanche troppo) dal male di vivere appena incontrato, poi un’epica esplosione di jazz incontrollato con Kamasi Washington. Seguono gli Explosions In The Sky, Tame Impala e LCD Soundystem? Col cazzo! Tappa allo stage dell’amato Pitchfork per Vince Staples e Protomartyr, poi allo stage Adidas dove spera si entri tramite raffle per mantenere l’esperienza esclusiva come le Yeezy che ha ai piedi, ma si ritrova davanti una band improponibile come le superstar by Pharrell, quindi chiude con un disarmante live di Powell prima di tornare al suo Airbnb sostenendo che il Primavera Sound non è assolutamente all’altezza della sua fama.

Il techno raver

Ancora in botta di MD dalla sera prima, il clubber vola verso Barcellona abbigliato di occhiali da sole tattici ed outfit total black, noncurante delle ispaniche temperature estive.
Direzione Beach Club, angolo di paradiso elettronico all’interno del Festival, che non lascerà pentire il nostro milite dei bpm di aver saltato quell’after nei boschi del comasco: si parte giovedì 2 con la tripletta Floating PointsJessy LanzaHelena Hauff, colei che tanto gentile e tanto onesta pare (poi comincia a suonare, e son martelli). Imperdibile anche il revival disco di Todd Terje, che da Barcellona teletrasporterà le folle fra i lustrini ed il groove funk dello Studio 54.
18 ore di musica al giorno sono bruscolini per un raver abituato a rivedere la propria famiglia a Pasqua e a Natale, come intervallo fra un dj-set e un altro: venerdì 3 lo attendono il principe della consolle Dj Koze, il timido, ma potente Mano Le Tough, senza lasciarsi scappare il live di Sophie ed il b2b di Maceo Plex e Maars. L’ultimo giorno al fronte lo scandiranno Bob Mould, gli irresistibili bassi di Leon Vynehall e, innalzando l’ultimo cocktail della sera di sabato 4 come bandiera bianca di resa, Suzanne Kraft e Matthew Dear.
Medaglia al valore a chi non abbandonerà mai la sua postazione sottocassa; avrete tempo per dormire al ritorno in ufficio.