Nelle ultime settimane abbiamo attivato il loop su Buone Maniere Per Giovani Vampiri, esordio discografico dei Sxrrxwland, il trio romano del roster di Asian Fake che ultimamente è sulla bocca di tanti, se non di tutti.
Giovanni Vipra, Gino Tremila e Osore vengono da Roma, ma non condividono nulla con la scena romana. E questo è già un segnale, così come il nome che si sono scelti (Sorrowland), tutt’altro che incoraggiante. Lo scopo, fin dall’onomatopea, è quello di spingere a dare un’occhiata a quello che succede fuori dalla propria comfort zone. Infatti, negli ultimi anni (almeno da quando i quartieri romani si sono imposti al grande pubblico e – oggi – anche alle grandi radio) ci si è assuefatti ad un certo tipo di messaggio musicalmente rassicurante. Ben prodotto e ancor meglio confezionato, che compensa con l’ovatta un’idea abbastanza stereotipata delle relazioni. Quella della tradizionale fissazione per l’Altro. Ma i contenuti (eccetto rari casi) finiscono lì.
Ecco che, dunque, i Sxrrxwland spingono in una direzione opposta, et a livello musicale et contenutistico. E la foto ricordo di Roma che tengono appesa sulla bacheca non raffigura un chiaroscuro di sampietrini in una giornata assolata, quanto, piuttosto, un anonimo cielo grigio all’ombra dei palazzi con su scritto “Ci hanno tolto anche i sogni.”
La visione delle cose è essenzialmente contemporanea, cupa e senza compromessi. Non ci sono, infatti, sogni concretamente realizzabili per la generazione che è stata allattata a false prospettive, eccetto – forse – quello di fare canzoni. E di questo non se ne fa né troppo mistero e non se ne può fare nemmeno una colpa, perché è un dato obiettivo che dopo averci tolto mutande, ci hanno tolto, appunto, anche i sogni.
Ma questo è un messaggio afferrabile non solo da chi, oggi, nasce già calato in una società completamente spaesata e con addosso il pesante fardello dell’insoddisfazione così radicato da apparire congenito, come a dire che, nella sostanza, non c’è modo per cambiare la propria condizione sociale. Nonostante, infatti, in Eli Lilly questi trentenni di merda non la capiscono la mia merda, la verità è che ha un certo appeal anche sulla generazione di quelli che sono stati coccolati con la convinzione che il sogno americano fosse lì ad aspettare solo di essere afferrato e che sono stati bombardati fin dall’infanzia con l’idea che le aspirazioni sono raggiungibili, perché tu puoi essere quello che vuoi, basta volerlo. E poi, diversamente, si sono ritrovati a mollo in un oceano di frustrazioni, assoluti protagonisti di un incubo.
Tutto ciò comporta evidentemente una crisi dell’identità. Ne nascono, così, forme sussidiarie, fondate solo sull’apparenza e senza che esista un rapporto empatico né con se stessi né con la società. (se farò un figlio lo farò perfetto/se farò un figlio lo farò per Facebook). Siamo soli, anche nelle relazioni e non ci capiamo, né ci conosciamo fino in fondo. (Saresti un ottimo padre/io sto pensando a come farle del male).
Ma nonostante questo nasce un contraddittorio desiderio di immortalità (vuoi grazie a Instagram, vuoi semplicemente per barlumi di forza di volontà) che spinge a gridare non morirò mai (Ely Lilly) o Chiudo gli occhi però non muoio/giuro non muoio più (Lasciami qui) nonostante la vita porti inevitabilmente verso insoddisfazione ed autodistruzione.
Dal punto di vista musicale il sentiero che seguono i Sorrowland è multiforme, dove la (il)logica conseguenza di questa scelta porta a ritenere assolutamente normale mescolare Ketama126, Generic Animal e Shlomo. Sono soluzioni artistiche che creano non uno, ma tanti ibridi isolati ed indipendenti, difficilmente collocabili qui o lì. In una società senza punti di riferimento che ha bisogno di segnali chiari che permettano di partire da un punto A ed arrivare ad un punto B e di capirne le differenze, allora, l’incasellamento diventa esercizio fondamentale e non solo di stile. Ma la faccenda, per vero, non è immediata.
L’attitudine è fortemente emo trap. Nello stile e nei contenuti ci sono Lil Peep, XXXTentacion con i quali condividono – almeno in parte – alcuni elementi comuni. Prosciugata la trap dal materialismo e dai fronzoli di ciò che suona pulito, le casse hardcore vengono riempite dalle sensazioni personali. Non sembra, invero, che il progetto poggi le basi sulle colonne portanti della black music, né in termini di beat, né con riferimento ai campionamenti, quanto piuttosto su quelle elettronico-sperimentali a tendenza noise-industrial.
Ed è anche questa, forse, la scelta musicale migliore che potessero fare perché questo bruitisme sperimentale combacia perfettamente con il vuoto di ideali e di incertezza collettiva che ci circonda e che spinge a cercare nuove forme di soddisfazione temporanea come un like, che diventa unico motore delle scelte, nonché sinonimo di immortalità.
Stare seduti ad ascoltare in ripetizione casuale i loro brani, fino a che non si comincia a percepire il senso di vuoto e di smarrimento è l’unico modo per scendere sotto la superficie della trap tradizionale e per superare l’estetica yuppoide (termine gentilmente concesso da David Foster Wallace – Il rap spiegato ai bianchi) basata sull’offerta e che compra la reputazione con l’ostentazione.
Buone Maniere Per Giovani Vampiri è uscito lo scorso ottobre via Asian Fake ed il consiglio è quello di schiacciare play qui sotto.