Questa vuole essere un’inchiesta su Halloween, nessuno scherzetto, il dolcetto arriva solo per i veri eroi, quindi sei ancora in tempo per smettere di leggere.
Se sei invece tra i guerrieri della cultura, amico mio, mettiti comodo, perchè questa festa improvvisata figlia di una cultura vuota e superficiale fa proprio schifo ai cani e noi lo sappiamo bene.
Non andremo ad analizzare la storia della festa, che per i meno ferrati ha radici nel rito di fine estate della cultura celtica, quanto a capire esattamente cosa spinge una non bene quantificata e quantificabile quantità di coglioni a travestirsi.
Come ogni festa religiosa e culturale, Halloween è marchio degli Stati Uniti, paese famoso per essere stato il primo e unico a comprare il natale, che se fate un rapido calcolo quantistico appartiene al nuovo continente quanto la Coca Cola, Mick Jagger e l’assistenza sanitaria che copre solo i più fortunati.
Gli Stati Uniti sono discretamente famosi per quella leggerissima inclinazione a voler trasformare tutto in soldi, dalle emozioni alle frustrazioni più radicate, tutto può essere comprato e venduto: “Siamo gli Stati Uniti, portiamo avanti la bandiera del capitalismo esageratamente liberale  da quando abbiamo accoppato Kennedy”.

Sono riusciti a trasformare Babbo Natale da verde a rosso, quanto poteva mai essere un problema trasformare le zucche in soldi, E SOPRATTUTTO, quanto ci si poteva mai impiegare a trasformare le rape in zucche e farne il simbolo ufficiale, nonostante non lo sia affatto? Sì perchè l’intaglio della zucca è in realtà l’intaglio della rapa, esattamente come avviene per la zucca americana, originariamente scozzese, simbolo delle anime bloccate in purgatorio. Pensate, anche in scozia si chiamava Jack-o’-lantern.
Dalle feste, gare, dimostrazioni e degustazioni di ZUCCHE e non rape negli USA, si è passati, con meno chiari motivi, al travestirsi.
Questo è il punto che preferisco, quello in cui gli americani fanno gli americani e iniziano a mischiare culture, tradizioni e riti,  rigorosamente appartenenti ad altre popolazioni, sempre con l’intento di farci dei soldi.
Una volta creata una festa, una volta comprovata la potenzialità economica, è tempo di fare il passo successivo, come sempre: esportarla in tutto il mondo.
Sono riusciti a farci credere che Al Qaeda abbia tirato giù le torri gemelle e che l’Iraq  fosse un vero pericolo per il concetto di democrazia, secondo te quanto tempo ci avrebbero messo a farti credere di essere un fico se ti fossi vestito da coglione per un giorno all’anno?
Dal macabro “maledizione o sacrificio?” la domanda è diventata “dolcetto o scherzetto?“, così che la festa fosse allargata a quel bacino d’utenza degli infanti americani assuefatti dagli zuccheri sintetici e a quell’altro bacino d’utenza dei teenager americani, annoiati e distratti figli di una cultura che tutto sommato immagino ti consumi da dentro.
Il gioco è fatto, il 31 ottobre in tutto il mondo si festeggia qualcosa che non esiste, dunque, tanto tranquillamente subiamo un rito che non ha significato e ancor peggio ha un simbolismo vuoto come un pezzo dei Mumford and Sons, e nonostante qualcuno che ragioni con la propria testa esista, siamo costretti a vedere orde di giovani che rispondono al tuo “ma quanto cazzo sembri un coglione?” con un disinvoltissimo “e dai, fattela na cazzo de risata, che te ne frega?”.

No a me non frega niente di vivere in una società lobotomizzata dal consumo e dall’apparenza, figurati. Come se questo non possa avere ripercussioni sulla cultura, la letteratura e la musica che diventano arti figlie dell’immagine e del valore economico. E che cazzo mi frega a me, basta che abbiamo un ennesimo pretesto per andare a spendere il cinquantello in cocktail forgiati da mastri baristi in posti in cui la cultura e lo spirito critico è meglio se le lasci a casa.

Da cosa vi siete vestiti ieri sera?