La cover story del numero 39 di VMAN vedrà protagonista Timothée Chalamet.

L’attore, a soli 22 anni, ha ottenuto la nomination ai prossimi Oscar per il ruolo da protagonista che ricopre in Chiamami col tuo nome. Si tratta del terzo più giovane di sempre a ricevere la nomination, e in caso di vittoria strapperebbe di gran lunga il primato detenuto da Adrien Brody, che a 29 anni vinse la statuetta per Il pianista.

In questa edizione del magazine, Chalamet si racconta a due grandi artisti dei nostri giorni, nonché due grandi fan di Chiamami col tuo nome: Frank Ocean e Xavier Dolan.

Sono due interviste separate, ma molto simili tra loro: si parla del film che lo ha portato al successo, del suo futuro prossimo, ma al tempo stesso le interviste assumono i connotati di una chiacchierata tra amici.

Con il cantautore di Long Beach, per esempio si parlano per telefono. Frank Ocean chiede a Chalamet – che si è dichiarato fin da subito emozionato per questa telefonata – qualche consiglio su New York, parlano anche di Los Angeles, parlano di moda, dei tempi della scuola, del modo di recitare, dell’idea di partecipare a un blockbuster, di quanto sia riuscito Chiamami col tuo nome e di come al giovane attore capiti che per strada lo chiamino Elio o anche lo appellino come “quello di Lady Bird“, perché sì, Timothée Chalamet ha recitato anche in questo film.

Ma insomma, in questa intervista escono fuori anche rivelazioni importanti. Timothée rivela come, tra gli attori, senza dubbio il suo preferito sia Joaquin Phoenix, amato anche da Frank, visto che il suo film preferito – conferma – è The Master.

Sono cinque o sei gli artisti dei quali sto cercando davvero di seguirne le orme. Ho l’opportunità di essere al telefono con uno di questi ora [ride], ma per quanto riguarda gli attori, Joaquin è il numero uno per me.

Parlando poi di Chiamami col tuo nome, Ocean gli chiede cosa abbia significato immergersi, recitando in quel film, negli anni ’80, e se si fosse sentito integrato in quella decade.

Assolutamente. Sono un totale “nostalgico” e il regista di Chiamami col tuo nome, Luca, è cresciuto in quel periodo. Infatti, il libro è ambientato nel ’88 e lui l’ha retrodatato nel ’83 perché ha detto che quello fu l’anno in cui cominciò ad ascoltare musica. Nel film, ci sono i Talking Heads, i Psychedelic Furs, ma anche Bach e Beethoven – tutte canzoni della giovinezza di Luca, che trascorse in Italia negli anni ’80. […] È una tragedia per i film di oggi se vuoi rappresentare la contemporaneità, i telefoni hanno complicato tutto, con i messaggi e FaceTime. Non so se in Chiamami col tuo nome ci sarebbe stata quella relazione se ci fosse stata la freddezza dei commenti e dei mi piace. Loro avevano bisogno di parlare, di trovarsi l’uno davanti all’altro, di condividere le proprie emozioni.

La chiacchierata poi scivola leggera fin verso la fine parlando di quanto sia diverso ed importante recitare in tre diverse lingue, dell’importanza che ha avuto il maestro di piano Roberto Solci e c’è stato spazio anche per elogiare la colonna sonora del film e di conseguenza Sufjan Stevens.

Con Xavier Dolan, visto che il campo d’azione si specifica più nel cinema, si parla molto di Chiamami col tuo nome.

Dolan ha parole di grande ammirazione per la pellicola di Guadagnino e soprattutto per l’interpretazioni di Timothée e Armie Hammer. Infatti gli chiede qualcosa in più sul loro rapporto nella vita reale.

Auguro a chiunque un giorno di avere a che fare con Armie; il nostro legame, il modo in cui è sbocciato la prima volta che ci siamo incontrati, è stato di grande aiuto per il film. […] Lui è un protettore innato, come d’altronde lo è la parte che interpreta straordinariamente nel film: il suo personaggio vuole soccombere all’amore e al desiderio per un’altra persona, ma al tempo stesso non vuole ferire. Questo te lo dimostra alla perfezione una scena verso la fine del film, mentre sto dormendo, poco prima della partenza alla stazione del treno. Oliver è nel letto vicino ad Elio e puoi vedere seimila emozioni passare per il volto di Armie: amore, empatia, rammarico e paura. C’è molto di Armie in quel momento; molto amore.

Tante domande poi sono inerenti alla regia: Dolan infatti insiste molto anche sul rapporto col regista, ed è in queste risposte che forse si capisce che la magia del film nasce tutta dal cuore di Luca Guadagnino.

Aver lavorato con il regista italiano, infatti, per Chalamet potrebbe essere un’arma a doppio taglio, se non si fa attenzione, in futuro.

Sarò molto prudente per quello che farò in futuro. So bene che sarà difficile replicare l’esperienza che ho vissuto. Con Luca, abbiamo girato nel suo paese, ci siamo seduti nella sua sala proiezioni, abbiamo visto i film che ama. Luca lavora con il suo entourage da 25 anni. Così ti senti parte di un sistema. Come se si stesse nella Factory di Warhol. Sarà difficile trovare qualcosa che possa corrispondere a questo.

Queste due interviste sono dunque l’occasione per sapere qualcosa in più su uno dei film più belli della stagione, ma soprattutto lo sono per conoscere meglio un attore destinato ad una grande carriera. Il bello poi è che sono state condotte da due artisti anche loro giovani, ma già fari che illuminano i loro rispettivi campi d’azione.

Gli articoli usciranno il 22 febbraio su VMAN, ma intanto qui e qui sono disponibili le anticipazioni.