Un trampolino di lancio molto efficiente, oggi, risiede in quella frase attribuita ad Oscar Wilde che sicuramente vi è capitato di leggere in didascalia sulla foto di qualche vostro contatto scemo:

L’importante è che se ne parli

Un precetto che ha generato, genera e genererà mostri e fenomeni da baraccone per sempre. Ma poi capita di imbattersi in Yellow Days e allora si può sperimentare anche l’altra faccia della medaglia: importante è parlarne perché questo poco più adolescente se lo merita davvero, nel bene.

Chi è?

Dietro il nome di Yellow Days si cela George van de Broek, un giovanissimo musicista nato all’alba del nuovo millennio e proveniente da Haslemere, cittadina di diecimila abitanti a sud dell’Inghilterra, e paradossalmente lontana da ogni altra grande città della nazione.

Cosa propone?

Yellow Days all’età di sedici anni sigla un contratto con Good Years, etichetta che pubblica il suo primo EP intitolato Harmless Melody. Sette tracce che si dimostrano subito come il titolo vuole, innocue, ma nel senso migliore del termine: venticinque minuti di puro chill, lento e rilassante, riscaldato dalla voce graffiante e piena di George. La batteria minimale che sembra la colonna sonora di Birdman, chitarra distorta e delicata che ricorda i voli acidi di Mac DeMarco, basso ipnotizzante: di Harmless Melody vien da chiedersi 1) come fa ad essere un prodotto del nostro tempo frenetico?! e 2) come fa ad essere un prodotto di un poco più che ragazzino?!

Domande che si fanno ancor più lecite quando nel 2017 arriva l’album d’esordio di Yellow Days. Il disco si intitola Is Everything Ok in Your World? ed è il risultato del banco di prova dell’EP, con il quale il giovane aveva preso la mira, per poi scagliare il colpo, preciso, con questo LP, che prosegue e arricchisce la sua faretra. Nell’album, ci si rende conto e si conferma che la proposta di Yellow Days è davvero valida, e lo è soprattutto perché il ragazzo è davvero forte. Non si trattava di un abbaglio: la perizia di Yellow Days è notevole, nonché la sua cultura musicale, per niente deficitaria seppur sia giovanissimo (tra i suoi maggiori ispiratori, dice, c’è Ray Charles). Inoltre è uno strumentista duttile e fantasioso, soprattutto quando si tratta di creare atmosfere nostalgiche con l’utilizzo del synth, o quando si vuole alzare il tasso lirico delle produzioni con l’utilizzo dell’ottone, materiale che si fa sempre più spazio nell’album.

Che pensare?

Yellow Days ha davvero tanto talento, ed evidentemente anche molte idee, vista la quantità di musica che ha sfornato nel giro di un anno. E poi, sembra abbastanza chiaro, ha una voce davvero notevole, blues e avvolgente. Un rimando del suo cantato si riconosce per esempio in Paolo Nutini, ma il nome al quale si accosta maggiormente è sicuramente King Krule. Se non fosse che uno ha ventiquattro anni e l’altro neanche venti, forse qui staremmo a parlare di Yellow Days come erede di King Krule, ma vien da sé che si tratta di un’affermazione improbabile, sia per il dato anagrafico ma pure per quello che i due rappresentano. Evidente è l’esempio che King Krule rappresenta per Yellow Days, tuttavia quest’ultimo ha saputo ben rielaborare il modello e farlo suo. In sostanza, Archy Marshall può vivere tranquillamente con l’esistenza parallela di George van de Broek, e viceversa. Anzi, se si da per appurato che King Krule non sia mai stato bambino e sia nato già così con i ricci rossi gridando in sala parto Easy Easy, ecco, Yellow Days sembrerebbe quasi la sua parte complementare, l’anima del re più fanciulla, meno apocalittica e più accessibile.

Ma insomma, ritorniamo con i piedi per terra e rifocalizziamo la realtà. Yellow Days è uno dei nomi più caldi da tenere sott’occhio, per quello che già ha dimostrato di saper fare e soprattutto perché il suo nuovo singolo The Way Things Change, che probabilmente apre lo scenario di un nuovo progetto, è davvero una bomba che proietta George sempre più in alto.

E allora non resta che prendersi del tempo per conoscere meglio Yellow Days, voce del nuovo millennio, e il modo migliore è lasciarsi trasportare dalla sua musica.

I try to see between the lines
Try not to keep the spirit confined
Let it feel sunshine
It turns out the sun’s gone and I don’t know what is going on here

[I’ve Been Thinking Too Hard]

Buon ascolto

Yellow Days si esibirà il 19 ottobre all’Ohibò di Milano, scopri tutti i dettagli sul sito di Vivo Concerti!