Una nuova partnership siglata con Ancestry permetterà a Spotify di predisporre delle playlist basate sul proprio patrimonio genetico.

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Una selezione musicale che trae origine da filamenti di acido desossiribonucleico. Sembra un romanzo di Huxley, un passaggio de Ritorno al Mondo Nuovo; o una digressione di 1984 di Orwell e, invece, è quello che sta accadendo negli uffici di Ancestry (una delle più note società che si occupa di genealogia e mappatura) che ha siglato un accordo con Spotify per offrire agli utenti un servizio ultra-personalizzato.

A quanto pare, almeno nei metodi, siamo ancora nel presente e nessun algoritmo analizzerà il nostro cuore, con buona pace degli amanti della distopia.

Basterà iscriversi, firmare l’informativa privacy (cedendo, nella sostanza, parte dei diritti) versare l’obolo e fornire alcune informazioni sulle nostre origini per avere una selezione musicale aderente il più possibile al nostro retaggio.