C’è un locale ad Athens, Georgia. Si chiama Weaver D’s Delicious Fine Foods. Il proprietario, dopo aver servito i clienti, li congeda da sempre con lo stesso saluto-motto: “Automatic”. Qualità, ottimo servizio e brevi tempi d’attesa. C’era una band ad Athens chiamata R.E.M.: il 6 ottobre del 1992 pubblicò un album battezzato Automatic For The People. Oggi, per festeggiare i suoi 25 anni, esce l’imperdibile versione deluxe di quest’opera. C’è il disco rimasterizzato, un live nello storico e tutt’ora attivo 40 Watt Club di Athens del 1992 e due dischi contenenti  demo e bonus track: alcune sono chicche molto interessanti, vedi Photograph con Natalie Merchant, Devil Rides Backward e Mike’s Pop Song. Sarà forse superfluo dirlo, ma Automatic For The People dei R.E.M. è uno dei più grandi capolavori della storia della musica e noi gli rendiamo omaggio raccontando alcuni aspetti, storie e curiosità per sentirlo ancora una volta.

Il taglio di una stella

Qualche giorno fa il leggendario fotografo del rock – e non solo – Anton Corbijn ha pubblicato questa foto su Instagram. Guardate in alto.

Un post condiviso da Anton Corbijn (@antoncorbijn4real) in data:

Siamo sulla Biscayne Boulevard di Miami, vicino i Criteria Studios in cui il gruppo ha registrato parte del disco che inizialmente si chiamava Star.  Sarà stata questa suggestione a far si che il fotografo tagliasse via il gruppo per concentrarsi su quella strana costruzione sullo sfondo?  Non lo sappiamo, ma eccoci davanti ad una copertina a dir poco iconica. Altrettanto importanti sono gli altri scatti in bianco e nero fatti da Corbijn presenti all’interno del disco, tra cui la celebre foto di Stipe immerso nell’acqua. Se ogni grande disco ha bisogno del degno “contorno” visivo, anche in questo caso il fotografo olandese si è mostrato all’altezza della sua fama.

Fuck me Kitten

La canzone numero nove dell’album è Star me Kitten. Brano lento e soffuso che apre alle torve sfumature sessuali presenti nel successivo Monster. Inizialmente si chiamava più esplicitamente Scopami Gattina e l’addolcimento lo dobbiamo al passaggio in studio di Meg Ryan. L’attrice suggerì al gruppo che se volevano vendere il disco anche in un paese piccolo e “con una certa mentalità” come quello da cui proveniva lei (non molto diverso da quello da cui provenivano loro), conveniva togliere la parola fuck della track list. Cosa che i R.E.M., da gran signori, fecero subito.

Il lato oscuro di Hollywood

Per molti addetti ai lavori ed appassionati, la miglior interpretazione di Jim Carrey non è in The Truman Show, ma in  Man on The Moon, film del 1999 diretto da Milos Forman incentrato sulla vita del comico Andy Kaufman. Un personaggio inclassificabile, geniale, capace di una comicità unica e surreale capace di lasciare un profondo segno nella storia dello spettacolo americano. I R.E.M. – oltre ad aver donato alla pellicola il titolo di un loro brano – hanno firmato anche la colonna sonora componendo uno dei loro brani più belli: The Great Beyond. Non è ancora finita: su Netflix a breve sarà possibile vedere Jim & Andy: The Great Beyond. The Story of Jim Carrey, Andy Kaufman and Tony Clifton, ovvero il documentario dietro il  film Man On The Moon in cui ci viene mostrato – ed il risultato è leggermente inquietante – Jim Carrey tramutarsi in tutti i sensi, anche fuori dal set, in Kaufman.

Ma non c’è solo Andy Kaufman in Automatic for The People. Monty Got a Raw Deal (A Monty è andata male) è dedicata a Montgomery Clift, vera leggenda della Vecchia Hollywood. E fu davvero come recita il brano: all’apice del successo, nel 1956, il sex symbol ebbe un incidente stradale che sfigurò in parte il suo volto. A peggiorare lo stato della carriera e soprattutto quello della salute, si aggiunsero  problemi di alcool, depressione e le voci – vere – sulla sua omosessualità, allora tabù indicibile ad Hollywood, soprattutto quando sei l’idolo del pubblico femminile insieme a Dean e Brando. Nonostante il talento e alcune altre ottime interpretazioni, gli Studios e il mondo attorno si dimenticheranno di lui, fino all’improvvisa scomparsa nel 1966. La presenza di questo personaggio nell’album e i versi molto inquietanti del brano

I saw you buried in the sand…

…I saw you strung up in a tree

fecero sorgere molti dubbi e tante chiacchiere sullo stato di salute e sulla sessualità di Michael Stipe: a fine 1992 si era quasi certi che il leader dei R.E.M. fosse prossimo alla morte per colpa dell’AIDS. Sappiamo come è andata.

Fuori dal tempo

12 marzo 1991 esce Out Of Time, 5 ottobre 1992 esce Automatic For The People  fatevi due conti e vedete quanto tempo è passato tra queste due pietre miliari. Incredibile se si pensa alle tempistiche di pubblicazione e soprattutto alla qualità del mondo della musica contemporaneo. I R.E.M. di Automatic – guidata dal fedele e fondamentale produttore Scott Litt – sono quello che si suol definire “un gruppo in stato di grazia”, capace di sfornare in nemmeno un anno un clamoroso seguito al boato del precedente lavoro. Fate un altro sforzo e pensate ad un’altra band che in due anni ha piazzato due capolavori di fila…

John Paul Jones

Dopo averci preso gusto con archi e sviluppi orchestrali, nel seguito di  Out of Time i R.E.M. decidono di alzare ulteriormente il livello e chiamare un certo John Paul Jones. Chi? Quello che suonava il basso nei Led Zeppelin? Proprio lui. Il leggendario bassista arrengerà e dirigerà gli archi di Drive, Everybody Hurts, The Sidewinder Sleeps Tonite e Nightswimming. In una rara intervista rilasciata durante l’uscita del disco Peter Buck racconterà: “Per quanto sia difficile immaginarci John Paul Jones dei Led Zeppelin con le mani alzate che dirige un orchestra… Bhe, è proprio quello che fece.” E con che risultati, aggiungiamo noi.

Scelte coraggiose

Dopo il successo planetario di Out of Time i R.E.M. rispondono con un disco di morte e perdita, andando ancora una volta contro tendenza, ignorano le mode e i dogmi imperanti, fissandosi un solo obiettivo: creare grande musica. Niente canzoni d’amore e shiny happy people, no ad interviste e uscite promozionali (stiamo parlando della più grande rock band del mondo insieme agli U2), niente schema collaudato disco-tour: se il predecessore venne supportato almeno da una mini-tournèe in acustico sotto pseudonimo, Automatic For The People nemmeno quello. Con questo lavoro il gruppo manifesta ancora una volta la sua anima indipendente e di anti-rock star, diventando il punto di riferiemento di innumerevoli band che in quel periodo nascevano o facevano i conti con la fama: vedi i Radiohead o i Nirvana, con Kurt Cobain che verso la fine della carriera (e non solo, purtroppo) decise di voler lavorare solo i membri del gruppo di Athens. Il risultato di tutte queste decisioni? Primi posti in tutte le chart del mondo e 18 milioni di copie vendute.

Una oscura maturità

Se Out of Time è il concept sull’Amore (con intrinsechi  lati oscuri e complesse sfaccettature), Automatic For The People è il disco della morte. Cosa abbia spinto una band al culmine della fama a trattare quest’argomento non lo sappiamo, ma dall’anziano che in Try Not to Breathe rivede la propria vita, all’inno anti-suicidio Everybody Hurts, alla perdita dei cari in Sweetness Follows, alla dipartita delle due star cinematografiche sopracitate, l’album è un susseguirsi di istantanee fosche e spesso funeree. Altri due temi presenti nel disco sono la politca: Drive e Ignoreland fecero fischiare parecchio le orecchia a Bush e company e soprattutto il ricordo, la memoria, presente nelle supreme perle Find the River e Nightswimming.

Per un mondo migliore

Andando a controllare bene, nelle annate 1991 e 1992 i R.E.M un concerto lo fecero, ma alla loro maniera, ovviamente. Si tenne ad Athens e fu per ricavare fondi per Greenpeace. Lo trovate integrale in uno dei dischi presenti nella ristampa pubblicata per i venticinque anni e continue una rarità assoluta: l’esecuzione live di Radio Free Europe!

Video & Singoli

C’era un tempo in cui Mtv faceva le regole del gioco e il mercato discografico imponeva la pubblicazione dei singoli. In media, su un disco di 11-12 tracce, l’etichetta pubblicava 4 singoli come anteprima e spinta commerciale, con annesso videoclip. Achtung Baby ne ebbe cinque, Nevermind quattro, il Black Album dei Metallica cinque, Automatic for The People (by Warner Bros) sei. Sorprende come Everybody Hurts (il brano più famoso, nonché tra i più usati e coverezzati dei R.E.M. in assoluto) venne scelto addirittura come quarto singolo! Un pò come Wonderwall degli Oasis, quarto singolo (dei sei, anche qui) di What’s the Story, Morning glory. Quando le priorità del gruppo (o dei discografici), non coincidono con quelle dei fan.

Everybody Hurts fu sostenuto da un video ormai storico, ispirato ad una scena di Otto e Mezzo di Fellini, in cui la band è intrappolata in quest’ingorgo composto da centinaia di macchine, con tanto di sottotitoli ad imprimere sullo schermo i pensieri dei passeggeri e quelli del gruppo, fino alla “liberazione” finale. Sono passati venticinque anni ma ancora mette i brividi.

Peter Care – fidatissimo regista dei video del gruppo – è l’occhio dietro i singoli apripista: Drive e Man on The Moon. Nel primo, clamoroso nel suo bianco nero e giochi di luci, Stipe viene sorretto e sballottato da una folla di persone, mentre declama:

“Hey kids, rock and roll

Nobody tells you where to go, baby”

Nel secondo, il cantante attraversa la classica highway desertica americana con cappello da cow boy in testa e flash del reportorio di Kaufman, giungendo in un bar in cui tutti i presenti si chiedono se sia vero che abbiamo portato l’uomo sulla luna. Dopo “The Sidewinder Sleeps Tonite”, “Find The River e “Everybody Hurts”, l’ultimo singolo pubblicato è uno dei capolavori assoluti del disco, “Nightswimming”. Molto probabilmente siamo davanti ad una delle vette più alte della produzione dei R.E.M.: voce, piano, archi e ricordi di un passato mai dimenticato, come le sgranate immagini del videoclip. Lacrime.

La Bellezza

Concludendo, e senza girarci troppo intorno, ciò che ha reso fin da subito Automatic for The People un capolavoro è la limpida bellezza delle sue tracce. Si, tutto quello che circonda l’album è intriso di magia e grazia, ma scorrendo brano dopo brano siamo davvero davanti ad uno di quei pochi dischi dove tutto è perfetto, dal suono più in sottofondo all’assolo più importante. Un disco che non ci stancheremo mai di ascoltare: quale pretesto migliore della ristampa deluxe per i suoi venticinque anni  per rimmergerci ancora in questo splendore?