Arcade Fire, The xx, Bon Iver, Mac DeMarco, Run The Jewels, Glass Animals, Aphex Twin… anche quest’anno la line-up del Primavera Sound era impossibile da criticare, anche con la defezione dell’ultimo minuto di Frank Ocean. Barcellona è diventata ancora una volta la culla della musica alternativa e indipendente, con oltre 200.000 partecipanti in 3 giorni, dieci palchi principali, due più piccoli per eventi estemporanei e altri due ad accesso limitato, senza considerare la valanga di proposte riservate al centro città e una programmazione che iniziava ogni giorno alle 12 per terminare alle 6 di mattina.

Più che un festival una vera e propria immersione a 360° in un mondo parallelo, tanto che il ritorno è stato come al solito traumatico, e le fermate del regionale da Venezia Mestre non avevano lo stesso fascino di quelle della linea 4 della metropolitana catalana. Nostalgia a parte, è arrivato il momento di mettere in fila le esibizioni a cui abbiamo assistito, come abbiamo già fatto sul nostro profilo Instagram e come hanno probabilmente fatto tutti i vostri amici mentre voi rosicavate a casa. Tranquilli, anche noi eravamo nella vostra stessa situazione, ma sappiamo che ci vedremo al Parc del Forum il prossimo anno, per un altro Primavera.

Day 0

L’arrivo a Barcellona, la metro infinita, l’arrivo al Forum e il braccialetto finalmente al braccio. Il primissimo giorno serve per rientrare in confidenza con l’ambiente, fare i primi acquisti e guardare un paio di band senza impegno presso il Primavera Stage, il palco centrale del festival. Volendo ci sarebbero pure concerti interessanti tra Barts e Apolo (Romare e Kate Tempest) ma qui si ha una certa età e i piedi è meglio preservarli per il festival (senza grande successo).

Local Natives: mi approccio al concerto dei Local Natives con la spocchia di chi li sta già per bollare come ennesima band indi carina, un po’ funky e un po’ dreamy, e invece mettono su uno show della madonna che mi ha fatto venire voglia di approfondirli molto di più.

Local Natives – © Dani Cantó / Primavera Sound Festival

Saint Etienne: qui il target si sposta su un pop elettronico elegante ma d’altri tempi, boa di piume compreso. Not my cup of tea.

Day 1

C’è chi a Barcellona ci va esclusivamente per il festival, ma dopo 4 anni non resisto ancora al fascino del centro città, dei miei posti preferiti, e quindi via a fare il turista. Sagrada Familia, Rambla e Boqueria per iniziare, poi subito al Forum alle 16 che si parte subito con i concerti.

Pinegrove: la quota emo del Primavera 2017 passa esclusivamente da qui. Evan Stephens Hall e la sua band confezionano mezz’ora di alto livello e ci regalano un’apertura con i fiocchi e un’insolazione niente male. L’idea era quella di godersi anche i Cymbals Eat Guitars, ma l’angolo merch mi possiede prepotentemente, e ne riemergerò qualche ora dopo, povero e felice.

I Pinegrove inaugurano il Firestone Stage.

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Alexandra Savior: la prima tappa del nostro viaggio 2.0 al Forum è al Pitchfork Stage da Alexandra Savior, pupilla di Alex Turner che musicalmente si pone esattamente all’incrocio tra Humbug, Suck It And See e Everything You’ve Come To Expect. Il live regge, l’esperienza si farà ma le canzoni ci sono, ed è questo l’importante.

Broken Social Scene Arcade Fire: l’idea era di riposarsi sui gradoni del Ray-Ban Stage per un tramonto con i Broken Social Scene, ma i social stanno impazzendo per uno show a sorpresa degli Arcade Fire! Riusciamo ad entrare giusto in tempo a metà del primo brano, un’inedito intitolato Everything Now, che scopriremo in diretta essere anche il titolo del nuovo album. Segue un’ora e 15 di grandi classici e un altro inedito, Creature Comfort, se possibile ancora più bello del primo. La sorpresona di questo festival, di sicuro tra i live migliori.

Arcade Fire – © Eric Pàmies / Primavera Sound Festival

Bon Iver: Solange la sfioriamo solo da lontano perché l’obiettivo è trovarsi una buona posizione per il live di Justin Vernon, visti anche gli ormai noti problemi di audio dei palchi principali a date distanze. Probabilmente IL concerto migliore del festival, sicuramente il migliore visto dal sottoscritto: i brani di 22, A Million dal vivo acquistano centinaia di tonalità diverse, certi suoni continuo ancora oggi a chiedermi come li abbia tirati fuori e quando ripesca tra i classici non ce n’è per nessuno. C’è spazio anche per un unico bis, importantissimo: band scomparsa, fascio di luce ad illuminare uno sgabello e chitarra acustica, ecco la vituperata Skinny Love senza vocoder o filtri vari, e il Forum diventa un’unica voce (che si scioglie in mille lacrime).

Bon Iver – © Eric Pàmies / Primavera Sound Festival

S U R V I V E: i figliocci di Carpenter dal vivo fanno esattamente quello che ci si aspetta da loro. Synth, synth e synth per un live granitico.

The Black Angels: ecco un altro momento relax, quello che ci è stato negato ai Broken Social Scene. Il palco Ray-Ban si riempie di bad vibrations e chitarre acide, e i Black Angels si confermano come uno dei nomi di punta del rock psichedelico. Concertone.

King Gizzard & The Lizard Wizard: manca Ty Segall? Nessun problema, tocca a questi pazzi australiani prendere il suo scettro e regalare al Primavera uno show adrenalinico da far paura. Tra le migliori live band in circolazione, a mani basse.

Tycho: quando uno passa mesi e mesi della propria vita a scrivere la tesi con Tycho nelle cuffie è impossibile mancare un appuntamento del genere. Un’ora di viaggi interstellari, melodie aliene e sorrisi perennemente stampati in faccia. Come faccia Tycho (o i Tycho) a tirare fuori dal cilindro brani così orecchiabili per pubblici così diversi (dal metallaro appena uscito dallo show degli Slayer al raver in arrivo da Aphex Twin) rimarrà un mistero bellissimo.

Day 2

Il giorno prima della finale tra Real Madrid e Juventus è il giorno giusto per visitare il Camp Nou, lo stadio del Barcellona, nonché tempio di quel Dio del calcio che di nome fa Lionel Messi. Tutto questo per giustificare in qualche modo una giornata partita già con i piedi in fiamme e continuata peggio. Il festival in sé non aiuta, dato che annuncia per le 20 un live dei Mogwai per la presentazione in anteprima mondiale del nuovo album, live che ovviamente ci perdiamo un po’ per i programmi già fatti, un po’ perché la coda per accedere all’area Bits (la zona adibita ai concerti elettronici, unico palco libero per lo show degli scozzesi) è infinita. Gli spunti per un’altra grande giornata ci sono comunque tutti.

Iosonouncane: un po’ di sano patriottismo ci porta all’Adidas Stage per Iosonouncane e il suo DIE con tanto di live band. Jacopo rimane uno degli autori migliori che abbiamo in Italia, punto, e dal vivo tutte le sue doti emergono con ancora più prepotenza.

Iosonouncane live all’adidas stage #primaverasound #bcn #ps2017 #adidas

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Mitski: due passi a lato e rieccoci al Pitchfork Stage per l’attesissima Mitski. La fotta per Puberty 2 non è ancora scesa, ma la prova del live risulta parecchio diversa da quello che ci aspettavamo. Anche quest’anno il palco miete una vittima con i suoi volumi da denuncia (voce bassissima vs chitarra e batteria sparate al massimo), ma è la stessa resa dei brani dal vivo, forse troppo energica e casinista da parte della band, a privare pezzoni come I Bet On Losing Dogs o Your Best American Girl della poesia che ce li ha fatti amare. La vera delusione di questo Primavera.

Mac DeMarco: altro live da applausi di questo Primavera è il ritorno del nostro Mac. Slot da headliner bello grosso alle 22, un disco meraviglioso appena uscito e una capacità di tenere il palco da fare invidia a mezzo mondo, ecco le armi che vengono usate fin dall’iniziale Salad Days per conquistarci e tenerci per le palle per 75 minuti filati. A parte le piccole note di folklore: il bassista è una vera e propria sagoma, immobile per l’intero show, mentre il batterista si è goduto l’intero concerto completamente nudo. Più o meno quello che ha fatto Mac per Still Together, quando è salito su un amplificatore, è rimasto in mutande e ha iniziato a bruciarsi i peli del corpo con un accendino. C’è stato pure il tempo per uno stage diving post-concerto, una trionfante processione per accompagnarlo fino al backstage, nonché degna conclusione di un live folle e bellissimo.

Mac DeMarco – © Eric Pàmies / Primavera Sound Festival

The xx: un’altra band vittima dei volumi del Primavera sono stati gli xx, che si impegnano alla grande, hanno un repertorio di canzoni meravigliose (pure nell’ultimo I See You, non iniziate a rompere i coglioni) ma devono lavorare ancora un pochino per trasformare un buon set in un live indimenticabile. I sorrisi ci sono, la presenza scenica pure, le canzoni anche, manca solo la scintilla che trasformerebbe i loro show all’aperto da (ottimo) compitino a bomba.

Run The Jewels: Killer Mike ed El-P hanno forse avuto, insieme agli Sleaford Mods, i problemi di audio più fastidiosi dell’intero festival, ma dopo una pausa forzata al terzo pezzo rieccoli sul palco pronti a fare terra bruciata. Il nuovo disco suona alla grande, i classici funzionano sempre, anche se forse li ho preferiti in una situazione meno dispersiva (leggasi: palco più piccolo) due anni fa. In ogni caso grande show e grande lezione di come tenere la scena.

È a questo punto che la caviglia decide di abbandonarmi e sono costretto a tornare in appartamento mesto, perdendomi Jamie xx (le voci mi dicono buon set, con tanto di omaggio al desaparecido Frank Ocean) e Flying Lotus (secondo fonti attendibili uno dei più bei show visti al Primavera da anni, con visual da brividi). Peccato, ma prima o poi ci rifaremo.

Sun sets at the @mango and @heineken stages area #PrimaveraSound

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Day 3

Da ormai quattro anni fare tappa a Barcellona per me corrisponde fare tappa all’acquario. So che questo non giustifica in alcun modo il mio arrivare al Forum solo per i Pond alle 18:50 ma sarà sincero: mi ero perso a guardare gli squali. Il programma di giornata è ricchissimo e i nomi che non siamo riusciti a vedere fanno davvero male: Grace Jones, Van Morrison, Haim, Japandroids, Metronomy, Seu Jorge, King Krule e Preoccupations. Consoliamoci comunque con un elenco di qualità altissima.

Pond: i cuginetti dei Tame Impala, nonostante dei bassi devastanti sotto palco, portano a casa la pagnotta con un set coinvolgente e che non disdegna una discreta dose di contatto con il pubblico. Niente di imprescindibile ma ci siamo divertiti parecchio.

Pond – © Sergio Albert / Primavera Sound Festival

Angel Olsen: leggere alla voce “Mitski, guarda e impara come si tiene un palco”. Dopo le due date italiane la Olsen sciorina un’altra lezione di classe direttamente dal Ray-Ban Stage, per quello che lei stessa definisce “the biggest date I’ve ever had“. I brani dello splendido My Woman acquisiscono nuova luce dal vivo, la band la segue in ogni sua mossa, l’affiatamento è palpabile e i volumi sono fantastici. Concerto impeccabile.

Teenage Fanclub: venti minuti di Teenage Fanclub credo siano sufficienti per capire come questi signorotti con i loro brani jangle pop siano la voce di una generazione intera. Non ne faccio sicuramente parte ma mi è dispiaciuto allontanarmi, anche se per una buona causa.

Kelly Lee Owens: il concerto di Kelly Lee Owens al Bacardi Live ha avuto un solo difetto: è finito. Per il resto si inizia dreamy come il disco di debutto ma si passa rapidamente alla cassa dritta e si balla come dei pazzi. Tra le rivelazioni dell’anno, noi ve l’avevamo già detto.

Arcade Fire: stavolta ufficialmente, sì. Non è un caso che il palco sia già assediato da migliaia di fan in adorazione, a più di 45 minuti dall’inizio e con Grace Jones a fare fuoco e fiamme a pochi metri di distanza. La scaletta è praticamente la stessa del secret show con qualche gustosa aggiunta (Intervention, Neon Bible, In The Backseat e Windowsill), la tenuta del palco di Win, Régine e gli altri è quella dei giorni migliori, l’hype per Everything Now sale sempre di più. In una sola parola: mostruosi.

Arcade Fire – © Sergio Albert / Primavera Sound Festival

Skepta: dopo Mac DeMarco, sicuramente il concerto più divertente di questa edizione del Primavera Sound. Un puntino giallo su un palco enorme, Skepta salta, si dimena, fa cantare, incita la folla e tira fuori un’ora serratissima che giustifica pienamente la sua presenza tra gli headliner. Non poteva esserci chiusura migliore.

E insomma, anche quest’anno il Primavera si conferma come una vera e propria oasi per gli appassionati di musica a 360°. Non avrà l’appeal avventuroso del Glastonbury e non sarà glamour come il Coachella, ma la percezione che si ha camminando tra le migliaia di persone del Forum è che in questi tre giorni a cavallo tra maggio e giugno la gente sia realmente interessata alla musica, a toccare con mano le scoperte degli ultimi 365 giorni, a vedere finalmente il gruppo della vita o delle leggende al passo d’addio. Le date della prossima edizione ci sono già – dal 31 maggio al 2 giugno – e noi possiamo dire di avere già il biglietto in tasca.