Qualche annetto fa uscì un articolo molto divertente di Salon intitolato Millennials Hate Bruce Springsteen. EJ Dickson, millennial e fan di Springsteen da tutta una vita, ironizzava sul fatto che a nessuno dei suoi coetanei, tipicamente “bianchi, maschi, creativi, con una fidanzata con la frangia e un tatuaggio di Egon Schiele” piacesse il Boss. C’era questo ragazzo, Ezra, che si giustificava così:

Michael Jackson mi fa venire voglia di ballare, Dylan di fumare. Bruce nella mia vita non saprei dove collocarlo.

Ora togliete il nome di Bruce e metteteci quello di Adam Granduciel. Dove si possono collocare i War on Drugs – una guitar band che fa uso massiccio di riverberi e con singoli che raramente scendono sotto i sei minuti – nella vita di un millennial? Noi che siamo qui a ripeterci ogni giorno che il concetto di album ha perso di senso, che le chitarre sono morte, che i generi musicali non esistono più, cosa ce ne facciamo di una band come i War on Drugs? Adam Granofsky (Gran-du-ciel è la traduzione francese di Gran-of-sky) ha solo trentotto anni e non è certo un “dad rock” come Springsteen. Eppure, pensateci, i War on Drugs sono una band altrettanto anacronistica: sono estranei al nostro tempo nello stesso modo in cui lo sono uno Springsteen o un Neil Young.

La storia dei War on Drugs è, almeno all’inizio, la storia di due moderni Tom Sawyer e Huckleberry Finn: spiriti affini esattamente come i personaggi creati da Mark Twain, Adam Granduciel e Kurt Vile condividono la stessa naivété, la stessa passione per Dylan e lo stesso taglio di capelli. I due si incontrano a una festa a Philadelphia nel 2003, anche se il progetto “War on Drugs” si concretizza davvero solo qualche anno dopo, prima con l’EP Barrell of Batteries e poi con Wagonwheel Blues, primo full-lenght pubblicato nel 2008 dalla Secretly Canadian. La band però sta troppo stretta a Kurt Vile che, per iniziare la (fruttuosa) carriera solista, lascia appena finito il tour europeo. Sappiamo però che i grandi amori fanno giri immensi e poi ritornano, e infatti in un’intervista a Pitchfork di tre anni fa Granduciel descrive il rapporto con Vile in toni così affettuosi che è impossibile pensare che tra i due ci sia anche il minimo attrito:

Non mi piace tanto parlarne perché è stata una parte fondamentale della mia vita e non voglio semplificarla. È stato un momento unico, in cui ho acquisito sicurezza in quello che stavo facendo, in cui ho incontrato una persona a cui piacevo musicalmente, una persona che voleva i miei consigli, che cercava la mia approvazione. Non voglio banalizzare tutto questo.

Nel 2010 arriva un altro EP, Future Weather, che Granduciel registra in gran parte da solo – ancora oggi è famoso per essere uno “studio guy”, il tipo che ama rinchiudersi e tormentarsi in studio “finché non sento che tutto nuota nella stessa direzione”. L’anno dopo è la volta di Slave Ambient, l’album più sperimentale della band, “una di quelle cose che puoi fare solo una volta nella vita”, ammette Granduciel. Con due album e due EP alle spalle, i War on Drugs si sono già guadagnati buone recensioni e un seguito fedele, ma è nel 2014 che cambia tutto.

Is there room in the dark, in between the changes?
Does anyone care but myself?
How can I be free?

Lost In The Dream è stato un album di interrogativi amari e introspezione feroce su cui tutto è già stato scritto. Anche se in giro si dice che i critici musicali non servano più, il disco ha avuto solo recensioni entusiastiche. Eletto“album dell’anno” da 13 diverse classifiche, il Guardian pubblicò perfino un articolo dal titolo “The year music critics surrendered to the War on Drugs”. Insomma, un plebiscito. “War On Drugs should be gigantic”, disse in un’intervista a Billboard Jimmy Iovine, capo della Interscope e produttore degli U2. E infatti poco dopo l’uscita del disco la band saluta Secretly Canadian e firma un contratto con la major Atlantic, per cui a fine agosto esce A Deeper Understanding. Alienazione, solitudine, sofferenza: Granduciel ritorna ai suoi timori esistenziali ma lo fa con una rinnovata leggerezza, e forse non è un caso che la parola “luce” – dalla notte dei tempi simbolo di vita e di salvezza – compaia in sette canzoni su dieci. Sedici mesi di lavoro in studio tra Los Angeles e New York, almeno dieci diversi strumenti suonati da Granduciel, A Deeper Understanding è fatto dello stesso tormento di Lost in the Dream, ma è un tormento con cui Granduciel sembra essere venuto a patti.

In passato ero sopraffatto dall’ansia o dalla depressione, ora invece quando capisco che sto per caderci penso “Ok, conosco questi sentimenti, posso superarli”.

Perché un ventenne dovrebbe ascoltare i War on Drugs? Io una risposta ce l’ho. In un periodo in cui sentirsi insicuri e disorientati è diventato sinonimo di fallimento, i War on Drugs hanno il coraggio di dirci qualcosa come “Attraversa il fiume per comprendere il tuo dolore, la risposta sta nel tuo cuore“. Questo ci cantano, senza timori, senza retorica, senza suonare vecchi, nel 2017. Ed è questo che disarma e incanta.

I War On Drugs saranno in concerto a Milano sabato 18 Novembre. Scopri tutti i dettagli sul sito di COMCERTO.