Nella struttura logica di un ragionamento, il punto di partenza ne è la premessa: quella posta a fondamento del nuovo EP di Nick Murphy, Missing Link, muovendo dal titolo sembrerebbe essere l’assenza di un anello di congiunzione, di un tratto che impedisca soluzione di continuità con un elemento anteriore.

Esso può individuarsi in un percorso artistico precedente (avendo Murphy abbandonato nel 2016 la produzione sotto lo pseudonimo di Chet Faker), oppure, in una fase esistenziale – ormai volta al termine – coincidente stilisticamente con influenze più intimamente soul e concettuali.

Nick Murphy evolve e si trasforma in un fluire epicureo, insoddisfatto di limitare la propria espressione lirica e musicale ad un progetto, per quanto acclamatissimo e qualitativamente di spessore, in cui la sua immagine non si riflette più. Variare nella forma non necessariamente comporta una compromissione della sostanza, proponendo al pubblico cinque tracce sorprendentemente pop, eppure intensamente ricercate al tempo stesso.

Anticipato da un fascinoso teaser diretto da Johann Rashad, questo album in formato ridotto è una finestra spalancata su un cielo diverso, cornice di una riuscita sperimentazione sonora in cui toni elettronici dance si intersecano a frammenti psichedelici (Bye, o la melodia finale di Weak Education, ben possono considerarsi un’eredità scolastica di Jethro Tull e, nostranamente, PFM).

L’ex Faker non falsifica la propria firma, sfoderando in apertura un beat r’n’b di inconfondibile e personale provenienza, nella riuscita collaborazione con il producer e dj haitiano/canadese Kaytranada: la voce profondamente evocativa dell’uno intarsia il battere cadenzato dell’altro, trasmettendo quel senso di frustrazione che l’incomunicabilità di un messaggio frainteso sa suscitare.

Il pugno sbatte sul tavolo, ripetutamente, per scalare una vetta di parole non capite.

“I’m ready to fall in love”, canta, spogliandosi di fronte a se stesso dell’urgenza di sentirsi all’altezza, confermando un tratto ricorrente della propria esperienza compositiva che è il trasporre in lettere cuore e sensazioni viscerali. Il ponte tra Chet e Nick sovrasta un torrente creativo in piena, consentendo la migrazione da quel porto sicuro che è la riconoscibilità musicale e di genere di un artista sin dalle prime note, ad un approdo inesplorato di sound originali e inattesi, della cui accoglienza positiva non vi è certezza a priori.

Ed è qui che si smagnetizza l’ago della bussola, perdendo la rotta conosciuta: la direzione vira, ma senza rammarico, lì dove la volontà di una più nuda espressione dell’animo combatte i timori del gradimento altrui, esplodendo nello scontro fra lo scafo e le onde di acque non ancora solcate.

Le ispirazioni di un artista ne tracciano l’anatomica mappatura di vene in cui funk (Weak Education), trip hop e musica classica (l’intro di Forget About Me si candida da sola a papabile soundtrack per la cinematografia di Sorrentino e Sofia Coppola), scorrono miscelandosi, linfa vitale di una macchina perfetta che si presenta all’ascolto con un biglietto da visita impressionante per varietà e gusto.

Il frutto del cambiamento, nel caso di cui parliamo, è assolutamente maturo e vincente, rappresentando la già indubbia cultura di un Murphy che sa cosa vuole dire e sa in che modo farlo, facendo leva sulla propria cifra stilistica per rinnovarla ed offrirne, dichiaratamente, sfaccettature scintillanti sino ad ora indebitamente celate.