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Ogni stagione ha la sua serie tv e ogni epoca i suoi (anti)eroi.

Ci sono personaggi e tematiche che, invece, galleggiano costantemente in superficie, a tratti ritirandosi e confondendosi tra le onde altre volte riemergendo, per ricordarci che il mare è la loro a casa e che possono riprenderselo quando vogliono. La criminalità organizzata e le sue vicende appartengono senza dubbio a questa categoria.

Seconda solo alle tematiche sentimentali, la storia dei boss, delle vendette e della corruzione rimbomba nei cine e – sempre più di frequente – nei divani di casa come colpi di mitra in aperta campagna.

E poi c’è il narcotraffico e, quindi, Pablo Escobar.

Narcos

Nel mondo del cinema lo abbiamo trovato diverse volte, ma mai in veste di protagonista, sebbene egli fosse sempre stato lì, sostanzialmente invisibile, ma presente. Non ha mai trovato reale dignità cinematografica e la sua figura è stata spesso ridotta a quella del “semplice” capo indiscusso della droga, senza alcun approfondimento sul modus ed il tempus della sua ascesa nel mondo criminale, o – elemento ancora più importante – senza l’analisi di quello che Sciascia definirebbe il “contesto”.

A quanto pare i tempi sono diventati maturi e nel 2015 è stata presentata la serie tv Narcos ideata per Netflix da Chris Brancato, Carlo Bernard e Doug Miro dedicata, appunto, alla vita di Pablo Escobar e alle dinamiche che lo hanno portato al potere, non solo nell’ambito del commercio dei prodotti locali colombiani, che lo portò a diventare tra le dieci persone più ricche del pianeta dell’epoca, ma anche e soprattutto politico.

La serie, che si colloca immediatamente dopo il film Escobar (del 2014, ma uscito solo ora nelle sale) e appena prima di un altro film sul boss in uscita nel 2017, lascia ampio spazio anche al racconto della situazione colombiana e lo fa attraverso un altro dei prodotti tipici locali, ovvero la cumbia. Moderna o tradizionale, rivisitata o lasciata nelle sue forme primordiali, la musica tipica colombiana e sudamericana fa capolino nella serie, dettandone e scandendone i tempi, alternando attraverso la sua varietà il sacro ed il profano di quella che è senza dubbio una delle storie più romantiche della storia della criminalità.

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L’apertura di ogni episodio è stata affidata a Rodrigo Amarante, già membro dei Little Joy (gli stessi di Fabrizio Moretti degli Strokes) il quale ha dichiarato di aver composto il tema pensando a cosa avrebbe ascoltato la mamma di Pablo pensando a suo figlio e alla sua vita. Avere un figlio quale magnate della droga non è certamente il sogno di ogni madre e la lettura del testo ci permette di scorgere il dramma ed il dilemma nel suo animo affranto, ma pur sempre animo di madre:

I am the fire that burns your skin,
Soy el fuego que arde tu piel
I am the water that kills your thirst.
soy el agua que mata tu sed.
Of the castle, I am the tower,
El castillo, la torre yo soy
the sword that guards the treasure.
la espada que guarda el caudal.
You, the air that I breathe,
tu el aire que respiro yo
and the light of the moon on the sea.
y la luz de la luna en el mar.
The throat that longs to be choked
La garganta que ansio mojar
that I’m afraid I’ll drown in love.
que temo ahogar de amor.
And which desires you are going to give me.
y cuales deseos me vas a dar
just to look is treasure enough,
mi tesoro basta con mirarlo,
it will be yours, it will be yours.
tuyo será, y tuyo será.

Tutta la colonna sonora e, in particolare, quella della prima stagione, è incentrata su Pablo Escobar e sulla sua vita: indaga sui conflitti interni e sull’ambiguità dei suoi comportamenti. Santo o mafioso, narcotrafficante o (anche) benefattore? Pedro Bronfman – che ha curato le musiche – si è ispirato, inoltre, alla narcocorrido, che sarebbe, in soldoni, la musica dei narcos; sottogenere ascoltato proprio dai guerriglieri delle giungle e che, idealmente, si accosterebbe alla musica neomelodica (in vest di rap neomelodico o in versione più tradizionale) per gli affiliati dei clan e che è già stata portata in luce nella serie Gomorra.

Ascoltala qui:

Nella seconda stagione si assiste ad un cambiamento. Così come la violenza e il potere sono cresciuti esponenzialmente puntata dopo puntata, anche la musica subisce un netto cambiamento, portandoci molto più groove tradizionale tra cumbia e salsa, ma anche musica moderna, quasi a simboleggiare l’apertura della Colombia al mondo intero, proprio grazie ad Escobar.

Quello scelto per il trailer della seconda stagione (Renegade degli Styx) è un gran classicone di fine anni 70 esprime con successo il momento di Pablo Escobar, all’apice della sua fama.

Il tema è caro ai film del genere e già in Blow o Scarface (per citarne due tra i più celebri) l’apice del successo viene descritto attraverso il glam rock a cavallo tra gli anni ’70 e ’80.

Tornando invece alla tradizione, la casa di produzione ha puntato molto su Jamar Chess, capo di Sunflower Entertainment e detentore dei diritti di esclusiva dei cataloghi delle etichette latine Fuentes e Codiscos, il quale ha pescato ovviamente dal suo paniere, e ha cercato di raccontare la fine di Escobar, mescolando i classici del vallenato e della cumbia con la tristezza perfettamente mimemizzata tra i colori della musica latina.

Ecco alcuni dei motivi che potrete trovare in questa nuova stagione che, come da copione, ci racconterà della rapida discesa negli abissi del Re della Cocaina.